Il futuro della sinistra

Coesione e unità, una sfida per la sinistra

Il carattere prevalente nel nostro tempo è la frammentazione. Il fenomeno alimenta conflitti laceranti, fino a guerre cruente e distruttive.

Editoriali - di Osvaldo Cammarota

9 Giugno 2023 alle 22:30

Condividi l'articolo

Coesione e unità, una sfida per la sinistra

Il carattere prevalente nel nostro tempo è la frammentazione. Lo si legge a livello globale e locale; nella Società e nelle Comunità; tra gli Stati e all’interno di ciascuno di essi, dalle istituzioni di governo mondiale ai condomìni. Il fenomeno alimenta conflitti laceranti, fino a guerre cruente e distruttive.

L’antidoto è l’unità, la coesione. Perché è così difficile? Come la si può costruire? Perché le idee di sviluppo che distruggono il Pianeta e l’Umanità prevalgono su idee di buonsenso?

L’Unità ha pubblicato dense e articolate analisi di autorevoli osservatori di questo fenomeno dai diversi punti di vista. Prezioso è il richiamo al pensiero di Gramsci, che offre chiavi di lettura sistemiche, ancora attuali per continuare a capire e continuare a cercare risposte efficaci.
Partendo da queste letture, propongo alcune osservazioni provocatorie.

L’intento è di ricercare tracce di comunità in quel frantumato mondo che pur ispirandosi alle idee di uguaglianza e giustizia sociale, stenta a trovare la via per perseguirle efficacemente. L’intento è di capire se è possibile costruire l’identità di una sinistra moderna, che recuperi il valore universale della sua ragion d’essere; che sia capace di farsi capire e agire con coerenza a livello globale e locale. Ci provo, proponendo come punto di vista due “matrici” di pensiero e azione che influiscono a livello mondiale e locale, nei macro e microcosmi, nelle dinamiche globali e nella vita delle persone.

Crescita o sviluppo?
La prima matrice riguarda le due idee di sviluppo che attraversano e dividono il mondo intero. Per brevità, richiamo i due strumenti di misurazione: il Prodotto Interno Lordo (PIL) e gli Indici di Sviluppo Umano (ISU), il secondo è più recente (1990). Chi volesse approfondire i due modelli a cui questi strumenti si ispirano, capirebbe subito che crescita e sviluppo non sono sinonimi. Nelle differenze tra i due concetti si trovano tutte le argomentazioni per confutare le baggianate che si dicono sulla presunta omologazione delle idee di sinistra e destra.

Nel primo caso, infatti, le idee prevalenti sono crescita, efficienza, controllo, legate insieme dall’unica “religione” del Dio-denaro, cioè del massimo profitto monetario, senza limiti allo sfruttamento delle risorse naturali e umane. L’altra idea considera un set di indicatori che corrisponde alla domanda di sviluppo, efficacia, verifica di risultato, cioè “sostenibile” e “inclusiva” dal punto di vista sociale e ambientale. Questa domanda si esprime per effetto dei mutamenti epocali intervenuti a fine ‘900 (crisi del fordismo, globalizzazione, finanziarizzazione dell’economia, crisi degli Stati-nazione, crisi delle rappresentanze, crollo del muro di Berlino), cioè da quando, a “crescere” non è stata solo la ricchezza, ma anche l’inquinamento, la disoccupazione, le diseguaglianze, le ingiustizie… le guerre.

Sulle idee di sviluppo sostenibile e inclusivo lavorano tante comunità nel mondo, dalle donne iraniane all’universo di intraprese definite di “terzo settore”. Nell’Est, nell’Ovest e nei Paesi emergenti, queste idee appartengono ad una maggioranza che non prevale, perché soggetta a dittature o democrature variamente colorate di retoriche che si adattano ai diversi contesti sociali economici e culturali. Mi sembra, questa, una contraddizione su cui potrebbe fondare una ragion d’essere della sinistra nel nostro tempo. Ma in qual modo?

Il Potere. Per cosa?
La seconda matrice prende spunto da un libro di J. Hillman: Il Potere. Come usarlo con intelligenza. L’esercizio del potere, infatti, può essere orientato alla crescita o allo sviluppo. L’intelligenza si può usare per efficientare i forni crematori o per il benessere dell’umanità. Bisogna chiedersi in qual modo la sinistra -in Italia e nel mondo- abbia usato il potere conquistato sulle idee di uguaglianza e giustizia sociale. Forse il rancore e l’astensionismo sono espressioni di quel “popolo” che si sente tradito nelle sue aspirazioni ad uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

È pur vero che bisogna considerare l’influenza di eventi storici di portata globale. L’Onu e l’Europa di Ventotene fanno fatica a concretizzare gli intenti fondativi. Le guerre in corso lo dimostrano e, intanto, dalle macerie non trattate del Muro di Berlino, riaffiorano nazionalismi e frontismi anacronistici. È innegabile, tuttavia, che strutture di rappresentanza e quadri dirigenti della sinistra siano state influenzate da culture e comportamenti estranei alla propria missione politica e sociale.

In molti hanno smarrito i valori liberali, affascinati da liberismo selvaggio e turbocapitalismo finanziario. Per questo la sinistra appare stramba e confusa. È frantumata e frammentata in soggettivismi settoriali, particolaristici e persino individuali, accaniti in conflitti privi di senso che ricordano i polli di Renzo nei Promessi sposi. Sono scorie del ‘900 che nella travagliata storia del frammento più grande (il PCI-PDS-DS-PD) hanno bruciata una intera generazione di quadri dirigenti. I conflitti interni tra radicalismi elitari e piccoli poteri autoreferenziali rischiano di vanificare anche il più recente e disperato tentativo.

Il fenomeno, tuttavia, non è estraneo alle altre molecole che formano il variegato mondo che si definisce di centro-sinistra e le relazioni dentro il suo confuso perimetro. La debolezza della sinistra è nella incapacità di usare il potere per tradurre in progetto di governo le domande di cambiamento emerse a cavallo di secolo. Servirebbe intelligenza nel significato etimologico della parola, autenticamente collettiva e non esercitata con furbizie artificiali. Mi sembra questa la sfida tutt’oggi aperta e che vale la pena combattere.

Conclusioni
Credo che nella sinistra vi sia scarsa consapevolezza su una comunità di destino abbastanza triste che la attende qualora non riuscisse a ricomporre unità e coesione intorno alla sua ragion d’essere. Vedo che l’Unità rinasce con questo intento, chiaramente dichiarato dall’Editore e dal Direttore. Non mi spiego diffidenze e dubbi che mi sembrano alimentati più da scorie culturali e concettuali del ‘900 che da autentiche volontà di ricercare i mezzi con cui ricostruire la sinistra dei giorni nostri. Chi fa fatica ad entrare nel terzo millennio si riposi. Le nuove generazioni sono già gravate da problemi inediti e non mi sembra il caso di appesantirle. Ci sono tante buone idee, ma servono nuove radici.

*Operatore di coesione e sviluppo territoriale

9 Giugno 2023

Condividi l'articolo