Il carcere piccolo e vuoto
Fare a meno del carcere si può, succede a San Marino
Una società senza carcere è senza dubbio una società coraggiosa, capace di affrontare e vincere il timore della devianza sociale anche quando questa si esprime attraverso l’uso della violenza. Dell’oggettiva possibilità di ragionare sull’abolizione del sistema carcerario o per lo meno dell’adozione in prevalenza di misure alternative, si è discusso a San Marino nella tappa romagnola del “Viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino. Protagonisti della discussione i responsabili dei sistemi carcerari con la presenza del Segretario di Stato alla Giustizia della Repubblica di San Marino, la Camera penale di Rimini e i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti.
Sede della discussione, dopo una visita ai “Casetti” di Rimini, una sala del Palazzo Pubblico di San Marino di fronte a giornalisti attenti a cogliere gli elementi di novità e le prospettive che si aprono alla luce dell’approvazione del nuovo regolamento penitenziario sammarinese entrato in vigore il 4 maggio scorso. Un passo in avanti del sistema sammarinese in termini di qualità della vita di chi è rinchiuso, ma che ancora non ha il coraggio di affidare a personale non militarizzato la custodia della struttura. La legge sancisce la regola per cui le misure alternative alla detenzione sono riservate a coloro che hanno subito condanne non superiori ai tre anni. In tale caso il condannato può essere affidato in prova ai servizi sociali con la possibilità per il Giudice delle Esecuzioni di affidare il compito di educatore giudiziario a un assistente sociale oppure a un cittadino che dimostri di essere all’altezza del compito.
La positività di queste esperienze richiama la necessità di riflettere sulla loro estensione ad altre fattispecie di pena, affinché la misura alternativa diventi la regola e non l’eccezione. Nel frattempo vengono testati i risultati che sono soddisfacenti sia in termini di recidiva, di qualità della vita del condannato, di conseguenze che si riverberano sui familiari, ma anche, forse, soprattutto, di efficacia del sistema di controllo e di sostegno messo in campo dai servizi sociali. Il potenziamento delle strutture di accoglienza e la formazione del personale chiamato a svolgere questo delicato ruolo sono esigenze che possono rendere la società in grado di gestire casi sempre più complessi, fino ad annullare la necessità di avere un carcere. Nella Repubblica di San Marino il carcere è molto piccolo e fortunatamente poco frequentato. Il “Viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino ha un sottotitolo: “visitare i carcerati”. Nel carcere di Rimini li abbiamo trovati, anche troppi; in quello di San Marino non ce n’era neanche uno.
Quindi, quando capita, i casi possono essere seguiti con attenzione e rappresentare una sorta di laboratorio sperimentale per testare modelli alternativi alla detenzione e far sì che non si procedesse nell’edificazione di una nuova struttura carceraria il cui progetto di massima anche se moderno, non superava le logiche di segregazione e privazione dei rapporti. A tal proposito la realtà sammarinese vive il paradosso per cui la scarsa frequentazione obbliga i carcerati a lunghi periodi di involontario isolamento. Una condizione, riservata agli imputati in carcerazione preventiva, che deve essere assolutamente superata affinché non venga usata dall’inquirente come strumento per estorcere confessioni. La spesa destinata al sistema carcerario dovrà, a poco a poco, riconvertirsi per il rafforzamento delle strutture sociali che sono chiamate a svolgere il difficile, duplice, compito di controllo sulle possibili recidive e di stimolo alle azioni di inserimento sociale.
A sollecitare la riflessione intorno all’importante progetto di una San Marino senza carcere è intervenuta l’allora Ministra alla Giustizia, Marta Cartabia. Il 1° aprile 2022, in occasione dell’insediamento degli Eccellentissimi Capitani Reggenti, ha parlato dell’accordo siglato fra Italia e San Marino in materia di misure alternative alla detenzione e alle sanzioni sostitutive di pene detentive. “Il carcere – ha sostenuto Cartabia – spezza i legami affettivi e lavorativi e separa l’individuo dalla società. Non risponde pertanto al dettato costituzionale della riabilitazione, piuttosto acuisce spesso le contraddizioni”.
L’accordo italo-sammarinese prevede tra l’altro che il condannato possa affrontare il periodo di riabilitazione nel proprio Paese di origine, affinché sia più immediato il percorso di reinserimento sociale. Grazie a queste riflessioni il passo verso l’abolizione del carcere nella Repubblica di San Marino potrebbe essere più vicino. Quando nella metà dell’800 i sammarinesi abolirono, primi al mondo, la pena di morte e la tortura, devono essere stati mossi dallo stesso pensiero “abolizionista” che oggi renderebbe la Repubblica più democratica e attenta ai diritti umani.