I casi di Livorno e Milano
Botte ai più deboli e la destra applaude: ma che polizia è questa?
Gli episodi di violenza hanno avuto come vittime persone fragili: stranieri e senza fissa dimora. È evidente il bisogno di interventi radicali di riforma, in particolare su due questioni: quella della "educazione costituzionale e democratica" e quella della preparazione tecnica
Cronaca - di Luigi Manconi
Caro Direttore,
è evidente che, tra le centinaia di migliaia di appartenenti alle forze di polizia (comprese quelle municipali), coloro che abusano del proprio potere, violano leggi e regolamenti ed esercitano violenza, costituiscono appena una esigua minoranza. È evidente che la frequenza degli episodi di abuso di quel monopolio legittimo della forza, del quale le polizie sono titolari, è un dato che non tende a diminuire. È evidente che all’interno degli stessi corpi di polizia si perpetua un atteggiamento di connivenza, se non di vera e propria omertà, e in ogni caso di sottovalutazione di quegli stessi episodi di illegalità e di arbitrio. È evidente che una parte della classe politica, afflitta da un complesso di inferiorità nei confronti di alcuni apparati dello Stato, sembra incapace di qualsiasi autonomia di giudizio e di qualsiasi rapporto di indipendenza nei confronti di quegli stessi apparati. Esemplare di questo atteggiamento è stato il commento di incondizionata approvazione espressa dal partito di Fratelli d’Italia nei confronti dell’operato dei vigili urbani di Milano, in occasione del fermo della transessuale brasiliana.
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È evidente che tra le forze di polizia si manifesta un bisogno ineludibile di interventi di radicale riforma, in particolare su due questioni: quella della “educazione costituzionale e democratica” e quella della preparazione tecnica. Nel primo caso, si tratta di favorire un approccio diverso da quello oggi prevalente, che tende irresistibilmente a vedere un nemico nella persona che si vuole controllare e sottoporre a fermo. Non un cittadino che resta titolare di diritti e garanzie, ma un soggetto ostile da sopraffare. Non a caso, gli episodi di violenza di Milano e di Livorno hanno avuto come vittime due persone fragili: stranieri e senza fissa dimora. L’altro piano sul quale è indifferibile un intervento di riforma è quello della formazione e dell’addestramento tecnico.
A Milano come a Livorno il ricorso a un uso sproporzionato della forza è derivato, chiaramente, dall’impreparazione e dallo stato di ansia, se così si può dire, degli operatori di polizia, incapaci di controllare una situazione indubbiamente difficile, ma non tale da richiedere l’esercizio di una quota così eccessiva di violenza. Il calcio in faccia viene inferto al giovane di Livorno mentre questi si trova a terra già immobilizzato e sembra rispondere più a una volontà di punizione che a una esigenza di sicurezza. È evidente che quanto fin qui detto è stato scritto e riscritto numerose volte, a seguito e a commento di vicende anche più atroci di quelle accadute in questi giorni. In qualche raro caso si sono registrate anche parole responsabili e severe da parte delle massime autorità che governano i corpi di polizia. In genere parole postume, pronunciate solo dopo che era stata accertata la verità sul piano giudiziario. Esemplare il caso dell’autocritica di una persona intelligente e seria come l’ex capo della polizia, Franco Gabrielli, che definì “una catastrofe” quanto avvenne nel corso del G8 di Genova del 2001. Ma lo disse, ecco il dato drammatico, 16 anni dopo i fatti. Ci sarà qualche galantuomo, in una sede politica o in una istituzionale, che avrà la forza di pronunciare oggi parole adeguate senza attendere nuove violenze e nuovi oltraggi allo stato di diritto?