La lotta Lgbt+
Governo Meloni, non fermerete l’onda Lgbt+: le nostre parole chiave restano diritti, laicità, antifascismo
Editoriali - di Marilena Grassadonia
Era il 17 maggio 1990 quando l’omosessualità fu depennata dalle malattie mentali. Fu l’Organizzazione Mondiale della Sanità a farlo e fu una decisione storica che metteva ufficialmente fine a quello stigma che da sempre ha pesato sulle vite delle persone lgbt+. Uno stigma che parte da quella narrazione che immagina “la diversità” come qualcosa da tenere a distanza, da osservare con sospetto. Uno stigma che ha accompagnato le vite delle persone lgbt+ a causa della pressione di una società educata ad aver paura di ciò che è differente da sé.
Uno stigma che ha dovuto fare i conti non solo con le sollecitazioni dall’esterno ma anche con quell’omofobia interiorizzata che ha abitato le anime di molte persone lgbt+, nonostante tutto, anche loro figlie di questo tempo e di questa società. Un tempo in cui repressioni, arresti, discriminazioni e violenze erano all’ordine del giorno costringendo spesso molte persone lgbt+ a vivere ai margini della società. Il movimento di liberazione omosessuale nasce grazie a una forte presa di coscienza di tutto questo e con la profonda consapevolezza che l’unica strada da percorrere, per riappropriarsi fino in fondo delle proprie vite, era quella di andare FUORI.
Di raccontarsi al mondo, di uscire dai propri rifugi e invadere le strade delle città per affermare con orgoglio se stess*. In questi ultimi 30 anni tanto lavoro è stato fatto soprattutto da parte delle realtà associative che sono ancora oggi una importante rete di sostegno per le persone lgbt+, soprattutto quando le istituzioni, a ogni livello, sono assenti. Una rete che ha offerto alla comunità luoghi sicuri e spazi accoglienti in cui incontrarsi, confrontarsi e crescere nei propri percorsi di visibilità e nella presa di coscienza personale e collettiva. Spazi di elaborazione politica che hanno portato alla nascita di quel movimento lgbt+ che ancora oggi continua a tenere alta l’asticella dei diritti nel nostro Paese.
Questi spazi oggi sono diventati luoghi di riferimento per le città e hanno nel tempo contribuito alla creazione di un immaginario collettivo in cui le persone lgbt+ e le famiglie arcobaleno hanno trovato finalmente il proprio posto. Nel 1990 fu un organismo internazionale a indicare la strada e ancora oggi è al di là dei nostri confini che guardiamo con speranza e fiducia. Quei confini che speriamo possano essere definitivamente abbattuti e in cui i diritti riconosciuti possano muoversi liberamente da un Paese all’altro, liberati da pregiudizi e ipocrisie di stato. Il nostro sguardo è rivolto a quell’Europa civile e democratica che in questi anni ha preso posizione e parola a favore della promozione dei diritti civili e umani e che si pone nettamente contro chi invece continua a calpestarli.
Stiamo infatti assistendo alla messa in atto di un chiaro disegno politico, ideologico e reazionario, che attraversa lo scenario politico internazionale e che vorrebbe riportare a un tempo lontano, quasi dimenticato, le lancette dell’orologio. Un disegno che vede i governi di Polonia, Ungheria, Uganda, Russia e Italia da una parte precisa della storia. Il Congresso delle Famiglie di Verona del 2019 ne segnò l’apice nel nostro Paese consegnandoci la rappresentazione plastica del progetto reazionario internazionale messo in campo. Su quel palco c’erano anche quelle stesse forze politiche che oggi sono maggioranza di governo in questo Paese e che ormai non provano neanche più a nascondere il loro posizionamento.
Rivendicare con orgoglio di aver votato contro il certificato europeo di filiazione, schierarsi al fianco di Polonia e Ungheria per non condannare l’Uganda e la sua legge contro le persone lgbt+, non votare contro la legge ungherese che vieta ogni forma di famiglia non tradizionale, significa questo. Ma con una cosa questo governo non ha fatto i conti, con una realtà profondamente cambiata.
Le persone lgbt+ sono parte di questa società, una società che ha ormai capito che un Paese con un diritto in più è un Paese migliore per tutt*. È in atto da tempo una alleanza, tra cittadin* di ogni generazione, di ogni ceto sociale, di ogni orientamento sessuale e identità di genere, grazie a cui la timidezza ha lasciato posto all’orgoglio e in cui gli armadi che custodivano le vite delle persone lgbt+ si sono spalancati e sono stati distrutti.
E tutto questo è accaduto grazie a una comunità lgbt+ che ha messo in campo l’arma più potente che esista: la visibilità. Quella visibilità che, riempendo le piazze delle nostre città di cittadini e cittadine libere, ha fatto da collante a un patto di alleanza tra istituzioni, politica, associazioni e società civile. Quel patto che ci rende tutt* protagonist* di una azione civile e politica collettiva che ha come obiettivo quello di rendere il nostro Paese un luogo più giusto in cui vivere. Alla politica la comunità lgbt+ chiede oggi una chiara presa di responsabilità per restituire dignità e riconoscere pari diritti a tutt*. Dal 1990 tanto è cambiato, i figli e le figlie delle famiglie arcobaleno sono ormai maggiorenni, le nuove generazioni si muovono nella fluidità dei generi, i genitori delle persone lgbt+ si mettono in gioco nelle relazioni familiari e sociali diventando anche protagonisti politici di questo processo.
Nell’immaginario collettivo le nostre vite esistono e sono fatte di persone in carne e ossa, di quotidianità, sogni e desideri. Quello che in questi anni abbiamo conquistato è ormai patrimonio di questo Paese e non permetteremo a nessun governo reazionario di calpestare le nostre vite e i nostri sogni. A Meloni, Salvini, Orban, Erdogan diciamo chiaramente che l’onda di civiltà non si ferma. È oggi il tempo di non fare passi indietro, di continuare a prendere parola e di posizionarsi con coraggio dalla parte giusta della Storia. La storia di un Paese straordinario che continueremo a scrivere tutt* insieme tenendo bene in mente tre meravigliose parole: diritti, laicità e antifascismo.
*Responsabile Diritti e Libertà nella segreteria nazionale di Sinistra Italiana Coordinatrice Ufficio Diritti Lgbt+ di Roma Capitale