La premier confida in un rapido accordo con Putin
Pace o disastro, sull’Ucraina Meloni spera in Zelensky: per il governo il prolungarsi della guerra sarebbe una iattura
Salvini furioso per il decreto che proroga l’invio di armi a Kiev, il mega piano Ue di prestiti che indebita i Paesi membri. Il prolungamento della guerra per il governo sarebbe una iattura
Politica - di David Romoli
Giorgia Meloni ha i suoi guai in casa, cioè nel governo che guida e nella maggioranza che lo sostiene. La distanza tra Forza Italia e la Lega è antica quanto la guerra in Ucraina. I borbottiii del Carroccio contro gli aiuti militari a Kiev si ripetono ciclicamente e sembrano sempre uguali. Ma stavolta la crisi è più profonda e Salvini appare più determinato, anche perché i sondaggi dicono che buona parte dell’opinione pubblica la pensa come lui.
Ieri il leader della Lega ha sparato a palle incatenate contro la proroga del decreto che consente di inviare le armi all’Ucraina con procedura d’urgenza e secretando i contenuti dei vari “pacchetti”. “Non tolgo soldi alla sanità italiana per una guerra già persa”, è tornato alla carica ieri. Il portato concreto del ruggito è la richiesta di rinviare la proroga del decreto a quando la situazione diplomatica e sul campo sarà più chiara. Forza Italia, cioè il ministro degli Esteri Tajani, e il ministro della Difesa Crosetto, non solo sono di opinione opposta ma hanno preso impegni espliciti con i vertici ucraini nei diversi colloqui di martedì scorso e soprattutto la stessa cosa ha fatto Giorgia Meloni direttamente con Zelensky, nel colloquio a palazzo Chigi.
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Alla fine lo scontro non dovrebbe avere conseguenze laceranti. Meloni non può tirarsi indietro senza perdere ogni credibilità in Europa. Salvini lo sa e non intende certo arrivare alle estreme conseguenze. Il decreto, senza possibili novità eclatanti sul fronte diplomatico, sarà approvato in tempo utile, entro il 31 dicembre. Ma non sarà facile come è sempre stato sinora e lo scontro non resterà senza conseguenze perché è un fatto che la posizione di Salvini stia acquistando nel Paese popolarità e spazio politico. La burrasca nella maggioranza c’è ma è la preoccupazione minore della premier. Nei prossimi dieci giorni dovrà vedersela con minacce al cui confronto la turbolenza nel centrodestra somiglia a una serena giornata di sole. Se non si arriverà a una soluzione diplomatica, il Consiglio europeo del 18 dicembre procederà, almeno stando a quel che i leader dei principali Paesi europei e dell’Unione hanno promesso a Zelensky, a varare il gigantesco prestito, intorno ai 135 miliardi, di cui l’Ucraina ha bisogno per continuare la guerra: per farlo la presidente von der Leyen intende ricorrere agli asset russi depositati in Belgio, aggirando la regola altrimenti insuperabile dell’unanimità con il ricorso alla procedura d’emergenza. Sarebbe un passo probabilmente definitivo.
Lo scontro tra Russia e Ue diventerebbe frontale e Trump interpreterebbe una scelta che in effetti non ha precedenti nella storia come un tentativo di sabotare la sua attività diplomatica. A garantire la restituzione del prestito sarebbero i singoli Stati membri, e già questa è un’ipotesi per il governo di Roma raggelante. Ma soprattutto, una volta varcato così il Rubicone, l’Europa non potrebbe più tirarsi indietro: dovrebbe sostenere fino all’ultimo l’Ucraina a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. C’è una sola via d’uscita: una mediazione tra il piano di pace di Trump e quello di Zelensky. Su alcune voci, come la sicurezza garantita dall’applicazione all’Ucraina dell’art. 5 della Nato la strada non sembra ostruita. Il braccio di ferro sugli effettivi delle Forze Armate di Kiev, che per Mosca non devono superare le 600mila unità, dovrebbe essere alla fine superabile. Gli ostacoli maggiori restano l’impegno sempiterno di Kiev a non aderire alla Nato, che Zelensky vorrebbe rendere più ambiguo escludendo l’ingresso nell’Alleanza “per ora” e il cedimento di quel 25% di Donetsk che la Russia ancora non controlla.
Giorgia ha fatto il possibile per facilitare l’intesa e lo farà ancora nei prossimi giorni. Ha detto chiaramente a Zelensky che proseguire la guerra senza più il sostegno americano non è possibile, constatazione che si traduce nella richiesta di accettare quanto più possibile del piano della Casa Bianca. È probabile che nei prossimi giorni cercherà anche, con la dovuta discrezione, di spingere l’amico americano a concedere a Kiev più di quanto non abbia fatto con il suo piano, in effetti molto punitivo per l’Ucraina. Se non ci riuscirà le conseguenze saranno disastrose per la tenuta della sua maggioranza e per la centralità della sua posizione in Europa: sarà costretta a scegliere ed è l’opposto esatto di quel che vuole e di quel che le conviene. Ma le conseguenze di un ulteriore fallimento della diplomazia disastrose lo sarebbero per tutti.