Nel Sud della Striscia
Altra strage a Gaza, colpito l’ospedale Al Nasser a Khan Younis: almeno 20 morti, cinque giornalisti
L'attacco con un drone kamikaze. Secondo Al Jazeera almeno 70 le vittime uccise negli attacchi di oggi
Esteri - di Redazione Web
Altra strage nella Striscia di Gaza, altro attacco che colpisce anche giornalisti. All’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia. Secondo il Times of Israel le vittime sarebbero almeno 20 tra cui cinque giornalisti. Già in altre occasioni l’esercito israeliano aveva colpito infrastrutture ospedaliere e sanitarie, sempre aveva parlato delle stesse come di covi e rifugi per gli uomini di Hamas. Israele ha appena lanciato l’operazione totale per occupare la Striscia di Gaza: secondo il ministero della Salute controllato da Hamas sono oltre 62mila le vittime nelle operazioni scattate dopo i massacri del 7 ottobre 2023, per la rivista medica The Lancet i dati sottostimavano già lo scorso gennaio le almeno 70mila vittime.
L’attacco sarebbe stato condotto con un drone kamikaze. Anche il reporter e cameraman della Reuters Hussam al-Masri, il giornalista Mohammes Salam collaboratore di Al Jazeera e il freelance collaboratore di Associated Press Mariam Dagga. Quest’ultimo, 33 anni, aveva raccontato dei medici dell’ospedale Nasser impegnati a salvare bambini senza patologie pregresse che stavano morendo di fame. Ferito il fotografo Hatem Khaled. Poco prima l’agenzia palestinese Wafa aveva reso noto che almeno nove civili erano morti in diversi attacchi dell’Idf nel territorio, inclusi cinque membri di una famiglia nel bombardamento di una casa nella zona di al-Karameh, a nord-ovest di Gaza City.
- Chi era Anas al-Sharif, morto nella strage dei giornalisti a Gaza ma Israele accusa: “Erano membri di Hamas”
- Gaza, altri giornalisti uccisi in un attacco israeliano: Anas al-Sharif e la campagna diffamatoria: “È un capo di Hamas”
- Il j’accuse di B’Tselem: “Noi israeliani risponderemo del genocidio dei palestinesi”
- A Gaza 18mila bambini morti, la lista della vergogna del Washington Post sulle vittime (note) della guerra
Già ieri dalla Striscia erano arrivati resoconti che riportavano di un’intensificazione degli attacchi di Israele. Il piano era stato approvato a inizio agosto, martedì 20 agosto l’esercito aveva cominciato a richiamare in servizio almeno 60mila riservisti. Le operazioni hanno messo al centro, in particolare, Gaza City: la città più grande e influente della Striscia, tra le pochissime porzioni di territorio che l’esercito dello Stato Ebraico ancora non controlla. Il ministro della Difesa Israel Katz ha minacciato di distruggere completamente la città se Hamas non si arrenderà e non rilascerà gli ostaggi alle condizioni dettate da Israele. Secondo Al Jazeera sono almeno 70 i palestinesi uccisi negli attacchi di oggi.
A metà agosto si era molto parlato dell’attacco a una tenda in cui era stato ucciso Anas al Sharif, il giornalista corrispondente di Al Jazeera tra i più noti nella Striscia, insieme con altri quattro giornalisti a Gaza City. Quell’operazione era stata rivendicata apertamente da Israele che aveva parlato di “un terrorista che recitava da giornalista”. Lui aveva sempre negato ogni affiliazione con Hamas anche se spesso aveva pubblicato messaggi di apprezzamento per il gruppo ed erano emerse delle fotografie in cui compariva con i leader di Hamas. Aveva 28 anni, apparteneva a quell’unico tipo di reporter che può documentare sul campo il conflitto, considerato che è nato nel campo profughi di Jabalia e Israele non consente l’accesso a giornalisti.
Uccidere un giornalista è considerato un crimine di guerra. Quasi 200, secondo il Committee to Protect Journalists, quelli uccisi nella Striscia. Israele ha vietato ad Al Jazeera anche di lavorare in Israele e in Cisgiordania. Nel frattempo ha permesso l’accesso nella Striscia a una manciata di influencer per smentire le denunce di malnutrizione, fame e carestia “provocata dall’uomo” lanciate da diverse ong e media internazionali.