L'effetto del Decreto Caivano

La crisi della giustizia minorile: punisce e non educa nessuno, va abolito il decreto Caivano

Aumentano le presenze negli Ipm, ma non i reati: è l’effetto del Decreto Caivano. E 9 strutture su 17 soffrono di sovraffollamento

Giustizia - di Asia Buconi

24 Giugno 2025 alle 15:30

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Photo credits: Us Polizia Penitenziaria/Imagoeconomica
Photo credits: Us Polizia Penitenziaria/Imagoeconomica

In Italia la giustizia minorile vive una fase critica, o meglio, una vera e propria crisi. Il sistema – che un tempo faceva scuola anche in Europa – si sta trasformando da educativo a punitivo e repressivo. Una deriva denunciata in un appello pubblico da Antigone, Defence for Children Italia e Libera. La richiesta delle associazioni è chiara: quello strumento deve tornare ad essere uno spazio di accompagnamento, reinserimento e tutela dei giovani.

A parlare dell’urgenza di un cambio di rotta immediato sono le cifre: dal 2022 ad oggi, il numero di ragazzi detenuti negli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) è cresciuto del 55%, passando da 392 a 611 presenze. Non sono tuttavia i reati ad essere aumentati: le segnalazioni a carico di minorenni, nel 2023, sono addirittura diminuite del 4,15%. A cambiare, semmai, è stata la risposta dello Stato, che si è fatta appunto più dura, punitiva e meno capace di ascolto. L’impennata di presenze si spiega infatti anche con l’entrata in vigore, a settembre 2023, del Decreto Caivano, che ha esteso l’uso della custodia cautelare per i minori riducendo drasticamente la possibilità di accedere a misure alternative al carcere. E che ha avuto pure un altro effetto: facilitare il trasferimento anticipato dei giovani nelle carceri per adulti.

Senza contare le condizioni degli Ipm, più critiche che mai: oggi 9 su 17 soffrono di sovraffollamento. Basti pensare al caso dell’Ipm di Treviso – dove si sfiora il doppio delle presenze rispetto ai posti disponibili – o a quelli di Milano e di Cagliari, il cui tasso di affollamento tocca il 150%. E sovraffollamento per i ragazzi significa dormire su materassi gettati a terra, non poter partecipare a percorsi educativi, restare in cella per ore a fare nulla. E le “toppe” pensate per ovviare al problema sono spesso peggio del buco: è il caso del carcere bolognese per adulti della Dozza, dove una sezione è stata trasformata in Ipm con buona pace del principio internazionalmente riconosciuto della netta distinzione – che sempre deve esserci – tra la risposta penale destinata agli adulti e quella destinata ai ragazzi.

Da qui, le varie richieste dei promotori: tra le altre, l’abolizione del Decreto Caivano, l’assunzione di educatori formati sui diritti dell’infanzia, la chiusura della sezione minorile del carcere della Dozza, la creazione di sezioni a custodia attenuata, fino alla presenza costante in Ipm di competenze e risorse per la mediazione culturale. E ancora: il divieto assoluto di isolamento penitenziario per i minorenni, percorsi educativi individualizzati, il potenziamento della formazione professionale (spinto anche dalle Regioni), l’applicazione piena della sentenza della Consulta sull’affettività in carcere e, in ultimo, un monitoraggio indipendente costante di tutti i luoghi di detenzione minorile. “Le carceri minorili si stanno trasformando in luoghi di abbandono – scrivono i promotori dell’appello – la risposta dello Stato è la punizione, la repressione, l’isolamento, ma così si viola la Costituzione, si tradiscono gli impegni internazionali e si spezzano vite in crescita”. E concludono: “È tempo di tornare a una giustizia che accompagna, non che punisce, una giustizia che crede nei ragazzi, nelle loro possibilità, nel loro futuro”.

24 Giugno 2025

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