Israele attacca ancora l’UNIFIL in Libano, feriti due caschi blu e abbattuti muri della base italiana: tensione con l’ONU
Gli spari dopo le accuse di Crosetto: "Crimini di guerra". Uno dei due feriti sarebbe in gravi condizioni. Perché Israele attacca UNIFIL
Esteri - di Redazione Web
Ancora spari da parte di Israele contro un posto di osservazione della missione UNIFIL nel Libano meridionale, a Naqoura. Feriti due caschi blu cingalesi, uno sarebbe in gravi condizioni. Lo riporta Haaretz, il quotidiano progressista israeliano, considerato in tutto il mondo tra i più autorevoli nello Stato Ebraico.
La conferma dei due feriti è arrivata dopo alcune ore dalla stessa Unifil, che su X ha riferito che “due peacekeeper sono rimasti feriti dopo due esplosioni avvenute nei pressi di una torre di osservazione. Un peacekeeper ferito è stato portato in un ospedale a Tiro, mentre il secondo è in cura a Naqoura”
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Unifil ha poi aggiunto che, sempre oggi, “diversi muri a T nella nostra posizione ONU 1-31 (una base italiana, ndr), vicino alla Linea Blu a Labbouneh, sono caduti quando sono caduti quando un caterpillar delle Idf ha colpito il perimetro e i carri armati dell’Idf si sono mossi in prossimità della posizione Onu”.
Statement:
This morning, UNIFIL’s Naqoura headquarters was affected by explosions for the second time in the last 48 hours.
— UNIFIL (@UNIFIL_) October 11, 2024
L’Idf israeliano ha definito quanto accaduto “un incidente”, spiegando che i due caschi blu di Unifil “sono stati feriti inavvertitamente durante i combattimenti delle Idf contro Hezbollah nel Libano meridionale”. Le forze di difesa israeliane su X parlano di impegno a “prendere ogni precauzione per ridurre al minimo i danni ai civili e alle forze di pace”.
La tensione Italia-Israele
E quindi la tensione resta alta, dopo che ieri l’esercito israeliano aveva attaccato alcune basi della missione, con due delle tre basi colpite sono gestite da militari italiani. Il ministro della Difesa Guido Crosetto chiesto all’ambasciatore israeliano in Italia, Jonathan Peled, di riferire al governo di Tel Aviv che “le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini da Israele”. Aveva accusato di possibili crimini di guerra.
UNIFIL ha sostanzialmente assistito nelle ultime settimane all’invasione del Libano da parte di Israele, com’era già successo di fatto nel 1978, 1982 e 2006. Israele ha chiesto apertamente alla missione di ritirarsi. I soldati negli ultimi tempi hanno sparato a telecamere e fari. Per avere ulteriore campo libero nelle sue operazioni in Libano, su cui nelle ultime settimane ha aumentato la pressione militare mentre nella Striscia di Gaza continuano le operazioni e i morti sono arrivati a oltre 42mila secondo il ministero della Sanità di Hamas.
Perché Israele attacca UNIFIL
L’Human Rights Watch (HRW) ha sollecitato in un rapporto “un’indagine internazionale sulle ostilità in Libano e Israele con il mandato di denunciare pubblicamente le violazioni”. Dall’Italia intanto è partita una delegazione del Comando operativo di vertice interforze della Difesa Italiana, otto persone tra carabinieri, medici e addetti alla logistica per verificare le condizioni per une riapertura della missione Miadit a Gerico, in Cisgiordania, sospesa un anno fa.
Israele ha ingaggiato nelle ultime settimane un’escalation di attacchi in Libano, uno dei quali ha portato all’eliminazione di Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah. L’operazione a Beirut ha scatenato la ritorsione dell’Iran, alleato di Hezbollah e di Hamas, che ha condotto un attacco missilistico su Israele, sostanzialmente innocuo. Per Axios tuttavia il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e quello dello Stato Ebraico Benjamin Netanyahu sarebbero sempre più vicini a un’intesa sulla portata della rappresaglia di Israele contro Teheran. Secondo la notizia l’amministrazione di Washington accetterebbe che Israele lanci presto un grande attacco contro l’Iran, ma teme che l’operazione sia eccessivamente aggressiva e che possa inasprire la guerra nella regione.
Cos’è la missione UNIFIL
UNIFIL sta per United Nations Interim Force In Lebanon (Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite). Il suo obiettivo è quello di definire e garantire il rispetto del confine tra Israele e Libano. È stata istituita dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1978 – dopo la prima invasione del Libano da parte di Israele, scattata per gli attacchi da parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) – e più volte rinnovata. La missione fu istituita con la risoluzione 425 che impose a Israele il ritiro dal territorio libanese.
L’ONU tracciò anni dopo la cosiddetta Blue Line, una linea di demarcazione provvisoria. Israele invase comunque più volte il Libano, l’ultima nel 2006, e la missione fu rinnovata con la risoluzione 1701. Al momento vi si trovano oltre 10mila soldati da cinquanta Paesi diversi cui si aggiungono 750 civili libanesi e internazionali che lavorano nelle basi. Il contingente più numeroso è quello indonesiano: circa 1.200 soldati. Circa mille invece gli italiani, italiano è anche il portavoce della missione Andrea Tenenti. La missione punta alla cessazione delle ostilità con l’aiuto dell’esercito regolare libanese, l’unico che dovrebbe operare nel sud del Libano. Hezbollah ha però militarizzato quella porzione di territorio, nelle ultime settimane oggetto dei raid di Israele.
La missione costa all’incirca 500 milioni all’anno, 150 solo per l’Italia. I soldati di pace morti sono stati oltre 300.