Il voto
Elezioni in India, perché il premier Modi e il suo partito hanno deluso le aspettative: “Punita la protervia”
Alla vigilia del terzo mandato il premier sarà costretto a un governo di coalizione. In campagna elettorale ha insistito sul nazionalismo indù e contro la minoranza musulmana. Disuguaglianze in aumento nonostante la crescita economica
Esteri - di Redazione Web
Per Narendra Modi è una vittoria a metà quella ottenuta alle elezioni parlamentari in India: quasi al termine dello scrutinio sono 293 i seggi dati all’alleanza del premier, 232 al fronte di opposizione. 45% a 41%. E il partito del premier ha ottenuto soltanto 240 seggi. Risultato in bilico e sotto le aspettative che ha stupito molti osservatori e lo stesso premier con il suo partito. E che costringerà il presidente a compromessi, ad accogliere alleati di coalizione nel governo e forse anche a a rinunciare alle riforme costituzionali che aveva in programma alla vigilia del suo terzo mandato.
Il premier indiano ha rilasciato le prime dichiarazioni soltanto dopo l’intera giornata dei risultati ufficiali. Un silenzio rotto sul social X e quindi alla riunione nel quartier generale del suo partito, Bharatiya Janata Party (Bjp), nazionalista indù. A farsi notare le performance deludenti al sud del Paese, dove il partito non è mai stato forte, e soprattutto al centro, al contrario una roccaforte perfino soprannominata “Hindi Belt”. Clamorosa la sconfitta nello Stato dell’Uttar Pradesh, dove il premier ha perso il collegio di Adyohya, la città simbolo del connubio tra induismo e politica.
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Perché Modi non ha stravinto le elezioni in India
Il Parlamento indiano è formato da 543 seggi – le elezioni durano 44 giorni in India, il Paese più popoloso del mondo con 1,4 miliardi di abitanti, durante i quali sono vietati i sondaggi. Per formare un governo in India è necessario che un partito o un’alleanza abbia almeno 272 seggi. Modi puntava a 400 seggi, preannunciava una vittoria travolgente simile a quelle del 2014 e del 2019. La sua “aura di invincibilità” è stata compromessa dalle urne: a pesare le forti disuguaglianze che attraversano il Paese, e che anzi sono in crescita, nonostante l’economia con il maggior tasso di crescita tra il 7 e il 9% all’anno. Modi ha condotto la campagna elettorale insistendo sul nazionalismo indù, contro la minoranza musulmana – 200 milioni di persone. Dovrà governare necessariamente in coalizione, presumibilmente con il Telegu Desam Party e con il Janata Dal.
La performance delle opposizioni
Il Partito del Congresso di Rahul Gandhi invece è salito a 100 seggi, 48 in più rispetto alle ultime elezioni. “Gli elettori hanno punito la protervia del Bjp”, ha detto Gandhi che è arrivato alla sede del partito accompagnato dalla madre Sonia e dal presidente del partito Karghe. “Non avevamo dubbi sul fatto che gli indiani avrebbero dato la risposta giusta: ha vinto la Costituzione e sono state sconfitte le bugie. Il mandato degli elettori è contro il Bjp e il premier Modi dovrebbe dimettersi per ragioni morali”. Stessa idea degli altri leader delle opposizioni Sanjay Singh e Mamata Banerjee.