Nuova fumata nera
Caos Puglia, Conte brucia il candidato di Vendola e fa sbottare Schlein: “Elettori stufi”
L’ex magistrato Colaianni, individuato dall’ex leader di Sel per ricomporre l’alleanza, si ritira dopo il niet grillino. La segretaria dem: “Basta liti condominiali”
Politica - di David Romoli
Vendola e Fratoianni, i mediatori, erano convinti di avercela fatta e certo ce l’avevano messa tutta per riconciliare i duellanti di Bari, il Pd e i 5S. Per “il bene della coalizione”, va da sé, ma anche molto per il loro: l’idea di una Avs spaccata nel capoluogo pugliese proprio il giorno delle europee, i Verdi con Leccese, Si con Laforgia, era un incubo.
Dal cilindro dell’ex governatore era uscito Nicola Colaianni, candidato pontiere ideale, ex magistrato, ex parlamentare Pds, ex membro laico del Csm indicato proprio dai 5S. Quel miraggio è svanito ieri, una meteora che non ha resistito neppure 48 ore.
Colaianni ha ritirato ieri la sua disponibilità: “Avevo accettato per spirito di servizio ma ci sono troppe rigidità. Sulla mia decisione ha pesato la posizione di Conte ma anche il mancato ritiro dei due candidati”.
Laforgia e Leccese avevano in realtà accennato alla loro disponibilità al passo indietro ma senza ancora prendere una decisione. Ma più che i due candidati, che oggi appaiono anche loro sballottati in un frullatore impazzito, hanno pesato i partiti alle loro spalle: Conte da un lato, il Pd pugliese dall’altro.
L’avvocato del popolo aveva puntato subito i piedi: “Non c’è motivo perché Laforgia si ritiri” e lo stesso Laforgia aveva rimesso la decisione nelle mani del Movimento, cioè di Conte. Le resistenze del Pd sono state meno esplicite ma tenaci. In questo caso però la fronda non era al vertice ma in Puglia, in un partito locale che non ha intenzione di uniformarsi a decisioni prese a Roma guardando all’alleanza con i 5S.
In un post su Fb Laforgia, pur se molto tra le righe, sembra addossare al Pd pugliese le principali responsabilità: “Avevo il mandato da parte di tutte le forze politiche che mi sostenevano di verificare le condizioni di un accordo unitario, condizioni condivise da Colaianni. Prendo atto che oggi si dice che una composizione non è possibile e mi riservo di valutare cosa farò dopo aver sentito Leccese”.
In realtà le resistenze del Pd pugliese, in funzione anche se non soprattutto anti Schlein, hanno pesato ma il gelo del leader dei 5S ha inciso maggiormente. I motivi del no dello spregiudicato (per usare un eufemismo) “avvocato del popolo” sono semplici.
Come ha ricordato ieri in conferenza stampa dopo la riunione della segreteria Pd Schlein, in 4 regioni su 5 al voto da quando Schlein stessa è segretaria l’accordo Pd-5S è stato raggiunto. Su 27 comuni capoluogo al voto il 9 giugno i due partiti saranno alleati in 22 casi.
Ma Conte ha bisogno di differenziarsi, di potersi contrapporre al Pd in alcune situazioni particolarmente visibili e la Puglia gli offre un’occasione d’oro grazie agli scandali (ieri si è dimesso l’assessore a Bari D’Adamo, perché indagato e su spinta esplicita del sindaco Decaro).
Ieri la segretaria del Pd ha usato toni duri nei confronti del mai nominato apertamente Conte: “Il Pd ha un obiettivo, costruire l’alternativa a queste destre. Non vorrei che fosse un problema solo mio e nostro. Gli elettori sono stanchi delle liti condominiali tra vicini”.
Schlein ha però confermato l’intenzione di veleggiare comunque e con massima determinazione verso l’accordo con Conte e proprio i numerosi accordi la spingono a rivendicare successi: “Non mi sembra così morta la costruzione di un’alternativa”.
Quell’alternativa Conte vuole che nasca. Ma a condizione che sia lui a guidarla. La telefonata di Schlein a Meloni dopo l’attacco iraniano, un gesto istituzionale ma anche un modo di porsi come leader dell’opposizione, lo ha certamente contrariato. La Puglia dimostra che per raggiungere quell’obiettivo, la candidatura a premier, Conte è deciso a tutto.