La rubrica
Politica succube della finanza: così si è ridotta a mercimonio e corruzione, potere e clientela nei partiti
Da quando i partiti si sono sottomessi all’economia sono diventati “macchine di potere e di clientela” come diceva Berlinguer ...
Editoriali - di Mario Capanna
Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.
(M. Mead)
Le notizie recenti di mercimoni a Bari, Torino, in Sicilia, da parte di amministratori pubblici, sono l’ennesima dimostrazione di un modo disastroso di intendere e praticare la politica. Episodi che avvengono con perdurante frequenza, come se si trattasse di male piante inestirpabili.
Va da sé che non bisogna generalizzare: molti sono i personaggi pubblici che agiscono correttamente, ma non sono pochi quelli che tralignano. Il disgusto che provocano è vasto, ed è questa una delle ragioni per cui una buona metà dei cittadini non va più a votare.
Da tempo non vede più nella politica qualcosa che un tempo era considerato affidabile. La corruzione politica produce effetti deleteri ad ampio raggio, come si è ben visto da Tangentopoli in qua. Si ruba, si malversa, si comprano voti, ed altro, perché la politica è stata soppiantata dalla politika.
Nel suo senso autentico la politica è la costruzione dell’armonica convivenza della – nella – società, regola il presente e progetta il futuro, è portatrice di ideali e si nutre di trasparenza e di onestà. Per questo già Platone la definiva “tecnica regia”.
Quando, al contrario, diventa accaparramento di potere per fini personali, sequestro di spazio pubblico per l’ipertrofia del proprio sé mediocre, calpestamento degli interessi del popolo, eccoci in pieno nella politika.
Il micidiale salto all’indietro si è compiuto nel momento in cui la politica ha accettato di sottomettersi ai diktat dell’economia e della finanza, e ha creato i partiti personali, agglomerati leaderistici di arrivisti, essenzialmente comitati elettorali senza più radici sociali.
Vengono in mente le parole di Enrico Berlinguer: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela”. Sono queste le ragioni per cui il politico ha smesso di essere “l’artista per eccellenza” è “l’artefice del buon governo e della giustizia” (elevata definizione di Pindaro).
Arraffando, il politiko corrompe e viene corrotto, la sua attenzione al bene comune è pura finzione. Il politico, al contrario, agisce essendo unito inscindibilmente all’etica: pratica la massima kantiana secondo cui “l’onestà è la miglior politica”. È giunto il momento di ripulire i bassifondi dell’agire pubblico. Per riuscirci bisogna dotarci, ognuno di noi, di una nuova coscienza nel rapporto fra sé e gli altri. Fra sé e la cosa pubblica.