La guerra in Medio Oriente
Tregua a Gaza: nessun accordo all’orizzonte, Israele e Hamas smentiscono progressi nelle trattative
Spazzato via l'ottimismo delle ultime ore. "La distanza (tra le parti) è ancora grande e finora non c'è stato nulla di sostanziale". Più di 33mila morti nella Striscia
Esteri - di Redazione Web
Non c’è neanche l’ombra di un accordo per una tregua nella Striscia di Gaza. Tutto quel flebile ottimismo che era emerso nelle scorse ore è stato smorzato, se non spazzato via, da fonti dichiarate vicine al governo israeliano e all’organizzazione islamista Hamas. Ogni possibilità è stata ridimensionata. Le trattative indirette tra le parti sono in corso al Cairo, in Egitto. L’aggiornamento stride con quello che aveva dichiarato una fonte egiziana all’emittente statale Al Qahera secondo cui si erano registrati “grandi progressi” nelle trattative. Secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Sanità della Striscia di Gaza controllato da Hamas, a sei mesi dagli attacchi del 7 ottobre seguiti dalla reazione militare via terra e via aerea dello Stato ebraico, sono oltre 33mila le vittime palestinesi.
“Non vediamo ancora un accordo all’orizzonte. La distanza (tra le parti) è ancora grande e finora non c’è stato nulla di sostanziale”, le parole attribuite a fonti del governo israeliano citate da Canale 12 e Yedioth Ahronoth. Stessa linea arriva da Gaza: Al Jazeera ha citato una fonte informata di Hamas secondo cui non ci sarebbero progressi e secondo cui Israele non avrebbe risposto a nessuna delle richieste dell’organizzazione islamista. “Tutti i tentativi e gli sforzi dei mediatori per raggiungere un accordo si sono scontrati con l’ostinazione israeliana”, ha aggiunto un’altra fonte all’emittente libanese Al-Mayadeen. “Al momento non si registrano progressi. Se ce ne saranno, lo annunceremo attraverso i canali ufficiali. Hamas è ferma nelle sue richieste, tra le quali un cessate il fuoco, il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, l’ingresso di aiuti, il ritorno degli sfollati di Gaza e uno scambio di prigionieri”.
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Le trattative a Il Cairo
Le delegazioni di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar lasceranno la capitale egiziana nelle prossime ore. Era stato previsto e annunciato il ritorno tra due giorni “per concordare gli articoli dell’accordo finale”. Secondo alcune fonti riservate citate dall’emittente saudita Al Arabiya Hamas avrebbe chiesto la fine degli attacchi contro i leader delle fazioni, il ritiro da Gaza per innescare negoziati più ampi, il ritorno dei residenti nel nord di Gaza senza restrizioni, l’accantonamento della questione dell’esilio dei leader di Hamas fuori da Gaza.
Il ritiro delle truppe israeliane dal sud di Gaza
Israele intanto ha ridotto la presenza dei suoi soldati nel Sud della Striscia di Gaza, dove resterà soltanto la brigata Nahal, disponendo il ritiro della 98esima divisione del suo esercito. Le truppe rientreranno in contingenti più piccoli per condurre delle azioni più mirate. “La guerra non è finita”, ha chiarito un portavoce dell’esercito israeliano alla BBC. Lo Stato ebraico non ha abbandonato l’intenzione di assediare la città di Rafah, l’ultima grande città della Striscia nel sud prima dell’Egitto, ancora non occupata dall’esercito dove si sono rifugiati 1,3 milioni di palestinesi.
“Nessun cessate il fuoco è possibile senza il rilascio degli ostaggi”, ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Non è Israele a impedire un accordo ma Hamas”. Il premier ha comunque parlato di vittoria “vicina” per lo Stato Ebraico, ha denunciato come “estreme” le richieste dell’organizzazione islamica, ha invocato “l’unità del Paese” di fronte alle manifestazioni di protesta e di “una minoranza estrema e violenta che sta cercando di dividerci”. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha spiegato che la decisione di ritirare le truppe di terra combattenti da Khan Yunis è stata presa “nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città. Le nostre forze hanno lasciato l’area per prepararsi alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah”.