La polemica

Capriati: chi è la sorella del boss Emanuella detta Lina, il cartello di Bari Vecchia e il caso Emiliano-Decaro

Anche la sorella di Tonino Capriati ha smentito le parole di Emiliano, al Tg1 ha detto di non aver mai incontrato Decaro. "Non è che non mi ricordo, non è mai successo". La cosca criminale

Politica - di Redazione Web - 25 Marzo 2024

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FOTO DA TG1
FOTO DA TG1

Emanuella Capriati detta Lina ha smentito anche lei di aver mai incontrato l’attuale sindaco di Bari, Antonio Decaro, e l’ex sindaco e attuale Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. “Non è che non mi ricordo, non è mai successo”, ha detto la donna intercettata in un servizio del TG1. “Decaro ed Emiliano non li ho mai visti, il sindaco neanche ci riceve”.

“Emiliano non ricorda bene”, ha detto Decaro a proposito di un aneddoto risalente a quasi vent’anni fa. “È certamente vero che lui mi diede tutto il suo sostegno, davanti alle proteste di buona parte del quartiere, quando iniziammo a chiudere Bari Vecchia alle auto, ma non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella”. L’attuale governatore ed ex sindaco nella giornata di solidarietà al sindaco di Bari, Comune dove il ministero dell’Interno ha nominato una commissione per valutare lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, aveva raccontato di aver accompagnato Decaro dalla sorella del boss Capriati.

Chi è Emanuela Capriati

Emanuella Capriati è sorella di Tonino, storico boss di Bari Vecchia. Non ha precedenti per mafia. Capriati è la madre di Francesco Annoscia, uno dei condannati per l’omicidio di Michele Fazio, il 16enne ucciso per sbaglio nel 2001 a Bari Vecchia. Fazio fu ucciso da un commando che avrebbe dovuto in realtà colpire un uomo considerato vicino al clan Strisciuglio. Per quel delitto vennero condannati Raffaele Capriati e Francesco Annoscia. Secondo le indagini della polizia, i due si rifugiarono a casa della donna dopo aver capito di aver colpito la persona sbagliata. Annoscia, all’epoca dei fatti, aveva 18 anni. Chiese scusa alla famiglia della vittima con una lettera scritta e spedita dal carcere.

Chi sono i Capriati

Il cartello Capriati è stato arrivo almeno dai primi anni ’90, la sua roccaforte è sempre stata Bari Vecchia. Dedito soprattutto alle attività di estorsione ai commercianti e allo spaccio di droga, il clan aveva provato a infiltrarsi anche nel tessuto economico della città e ad allargarsi alla vicina Regione Basilicata. “Una piovra, pronta ad allungare i suoi tentacoli sulla città ma anche sull’hinterland”, l’aveva descritto il procuratore capo Giuseppe Volpe in conferenza stampa. Per gli inquirenti del processo “Atropo” le donne del gruppo, sarebbero state per lunghi tratti le guide della cosca quando nel 2011 dieci donne erano state condannate per associazione mafiosa.

Filippo Capriati, allora considerato il capo dell’organizzazione, nel 2018 venne arrestato – insieme con altre 16 persone – e condannato a 16 anni di carcere. Le accuse erano, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dall’uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e continuate, associazione per delinquere, aggravata, finalizzata alla perpetrazione di furti. Secondo le indagini i Capriati avrebbero sfruttato la loro influenza anche per ottenere corsie preferenziali nella sanità.

“L’obiettivo fondamentale del gruppo, giovane ma agguerrito, era quello di permeare i gangli sociali, pervadere il tessuto economico della città”, aveva aggiunto il procuratore. Le indagini avevano fatto emergere anche il carattere arcaico e tradizionalista della criminalità che celebrava ancora i cosiddetti riti di affiliazione. Il cartello nel settembre 2023 è stato colpito da una dura operazione dei carabinieri, 60 arresti. Il clan, secondo le indagini, avrebbe gestito il traffico di sostanze stupefacenti nel sud del barese attraverso una serie di articolazioni territoriali tra Putignano, Castellana Grotte, Noci, Alberobello, Locorotondo e Acquaviva delle Fonti.

“Chi ha sbagliato sta pagando e ha pagato, ma alla nuova generazione volete dare un futuro? I figli nostri possono partecipare ai concorsi? Per il cognome non li accettano, se li accettano vengono indagati, è questo il problema” , ha detto un’altra donna intervenuta ai microfoni del TG1 a Bari Vecchia.

La smentita di Decaro

“Su queste cose bisogna essere assolutamente precisi – ha spiegato Decaro – Innanzitutto è bene ricordare il contesto. C’era un magistrato antimafia appena eletto sindaco in un quartiere, come quello di Bari Vecchia, abituato da sempre al parcheggio selvaggio nella totale illegalità. Immaginatevi quali potessero essere le reazioni davanti a un giovane assessore che si permetteva di entrare nel quartiere per rivoluzionare completamente le consuetudini, a partire dalla mobilità, pedonalizzando buona parte delle strade e installando le telecamere sui varchi di accesso”. Decaro ha raccontato di esser stato insultato in strada da persone contrarie a quel progetto.

Bari Vecchia è diventata la zona più turistica della città. “La signora in questione invece, come raccontarono le cronache dell’epoca, la incontrai per strada, molto tempo dopo la chiusura al traffico, e ci litigai perché non si rassegnava all’installazione delle fioriere che impedivano il transito delle auto”. A prescindere da smentite e dietrofront, le parole di Emiliano hanno generato un caso clamoroso che ha aggiunto tensioni allo scontro già in atto tra governo e sindaco di Bari. Il vice presidente della commissione Antimafia Mauro D’Attis ha sollecitato un approfondimento della commissione Antimafia.

25 Marzo 2024

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