Il caso a Roma

L’insostenibile leggerezza del liceale che ha mimato il colpo di pistola alla Meloni

Ci si è chiesti se quel gesto che mimava un colpo di pistola, fatto al Senato sia un riferimento alla P38 o all’immaginario di 2Pac...

Cronaca - di Fulvio Abbate - 21 Marzo 2024

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L’insostenibile leggerezza del liceale che ha mimato il colpo di pistola alla Meloni

La notizia è presto restituita nella sua sostanza gestuale, simbolica: uno studente del liceo scientifico “Augusto Righi” di Roma ha mimato con le mani il gesto della pistola, ‘puntandola’ contro la premier Giorgia Meloni mentre erano in corso le comunicazioni della presidente del Consiglio al Senato.

Il giovane era presente a Palazzo Madama con l’intera classe ad assistere alla seduta. Potrebbe perfino essersi trattato di semplice noia, sorta di “uffa! Che palle questa qui!”, già, potrebbe. Tuttavia altrettanto impossibile escludere invece che il gesto avesse valenza “politica”, quasi come in un “remake” epocale.

In ogni caso, “nel pieno della circostanza – così leggiamo – una insegnante è subito intervenuta, abbassandogli il braccio e anche un commesso lo ha redarguito”. Il ragazzo, minorenne, nelle immagini mosse, quasi fantasmatiche che restituiscono il momento cruciale, appare seduto in prima fila.

Apprendiamo ancora che si sarebbe poi scusato, “di quel gesto che evoca gli anni terribili di piombo”. Esatto, la forma della P38 mimata nei cortei. Né dimentichiamo che nel luglio del 1977 il settimanale tedesco Der Spiegel fece dono ai suoi lettori di una copertina dedicata proprio al Belpaese dove si offriva una pistola su un piatto di spaghetti; suggestioni simboliche possibili? Mafia e terrorismo.

Lo stesso gesto. leggiamo ancora, “ora vive nei videoclip dei trapper che giocano a fare i boss”. Meloni si è detta colpita “che un gesto del genere avvenga in un’Aula come questa nel giorno dell’anniversario della morte di Marco Biagi, un servitore delle istituzioni, dello Stato che ha pagato con la vita la sua disponibilità verso le istituzioni”.

I semiologi in questi casi si interrogano sull’instabilità del significante. Ovvero: il ragazzo faceva davvero il verso ai giorni del “partito armato” e alla possibile area della “contiguità” che nelle manifestazioni dei maturi anni Settanta sollevava appunto il gesto presuntamente rivoluzionario della “baiaffa” (o “ferro”) o piuttosto si trattava di un traslato ulteriore riferibile appunto alla koinè linguistica degli eredi di un 2Pac, rapper ucciso proprio a revolverate a Las Vegas?

In entrambe i casi la riflessione investe un ambito subculturale, presuntamente identitario: nel 1977 il gesto della P38, sia pure quantificato nella sua marginalità estremistica, sembrava d’improvviso aver cancellato il saluto a pugno chiuso, quasi che quest’ultimo appartenesse ormai alla preistoria simbolico-politica della sinistra: la guerra di Spagna, i giorni coevi del Fronte popolare francese del 1936, i funerali di Togliatti nell’ormai altrettanto lontano agosto 1964.

Assodato ogni dubbio, in assenza di una precisazione diretta, esplicita del “minorenne” allievo del liceo romano intitolato a un insigne fisico, occorre rilevare che il gesto della P38, tendenzialmente riferito ai cosiddetti Autonomi – indice e medio proiettate verso l’alto e il pollice a mimare il percussore – rappresenta uno dei momenti più desolanti del velleitarismo armato nazionale afferente a una prassi militante nella quale risulta assente ogni senso del limite morale e ancor di più dell’ironia, per non accennare alla miseria politica che custodiva, un gesto tuttavia che, quanto ad assenza di autentica leggerezza, potrebbe affrontare uno spareggio con l’immagine di Silvio Berlusconi che durante la conferenza stampa di Vladimir Putin nell’aprile 2009 a Villa La Certosa mima la forma del mitra rivolto alla giornalista russa Natalia Melikova della Nezavsinaya Gazeta, colpevole quest’ultima di avere chiesto a Putin se avesse intenzione di divorziare, con Putin che di fronte alla complicità dell’altro, del “collega” italiano, annuisce.

21 Marzo 2024

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