Il caso dell'ex An

La richiesta di condanna di Fini a 8 anni è la tragedia dell’assurdo

Davvero c’è qualcuno disposto a ritenere non si dice giusto, ma anche solo decente che Gianfranco Fini sia messo in prigione fino a quando avrà ottant’anni?

Cronaca - di Iuri Maria Prado - 20 Marzo 2024

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La richiesta di condanna di Fini a 8 anni è la tragedia dell’assurdo

Chiunque abbia il senso delle cose ovvie e banali della vita, il senso delle proporzioni ragionevoli, il senso del ridicolo, capisce che stanno da tutt’altra parte gli otto e più anni di galera che l’accusa pubblica ha chiesto di far appioppare a Gianfranco Fini e agli altri coinvolti in quell’affare di appartamenti e soldi riciclati.

Stanno, tutti quegli anni di galera, in un sistema penale e di giurisdizione arcaico, inaderente, che non è diverso rispetto a quello di una qualunque altra inciviltà solo perché irroga decenni di imbecille segregazione anziché le nerbate sulla schiena del reo.

Non vogliamo nemmeno sapere quale sia la pena cosiddetta edittale (insomma quel che prevede la legge) per i delitti imputati alla responsabilità di Gianfranco Fini e degli altri. Non ci interessa sapere, cioè, se questi otto o nove anni di pena detentiva che l’accusa pubblica vorrebbe vedere inflitti agli imputati stiano sui massimi, sui minimi o nel mezzo delle norme incriminatrici. Roba da penalisti.

Quel che conta è appunto la tracimazione nell’assurdo, nella plateale sproporzione, nel drammaticamente ridicolo anche della sola ipotesi che si voglia ficcare qualcuno in galera per otto anni perché ha fatto pasticci – sempre che li abbia fatti – su soldi e transazioni immobiliari.

Fai che un giudice ritenga che l’imputazione sia fondata, e che abbia ragione l’accusa nel chiedere che sia punito in quel modo il responsabile: ma davvero c’è qualcuno che seriamente, avendo rispetto di sé e della realtà, del banale senso della vita di cui abbiamo detto, davvero c’è qualcuno disposto a ritenere non si dice giusto, ma anche solo decente che Gianfranco Fini sia messo in prigione fino a quando avrà ottant’anni?

Nessuno, sensatamente, potrebbe pensarlo. E non perché si tratti di un ex bianchissimo colletto della politica nazionale, non perché si tratta, come si dice in questi casi, di un “galantuomo” (chisssenefrega se lo è o no?): ma perché semplicemente non sta né in cielo né in terra. Perché, semplicemente, un sistema penale e giudiziario che ancora rende possibili certi spropositi è da smantellare.

E si faccia molta attenzione quando si dice, come si dice spesso in ambito forcaiolo, che è soltanto in favore dei potenti o degli ex potenti che si mobilitano le istanze garantiste. Si faccia attenzione perché, se davvero si trattasse di far patire i privilegiati, qualche cultore dei piombi potrebbe perfino aver ragione di rallegrarsene, vedendovi la giustizia che finalmente non fa sconti: ma le assurdità e gli eccessi giudiziari sui notabili si scaricano poi sistematicamente sui cittadini comuni, perché il costume e l’abitudine che li legittimano diventano la normalità sofferta dalla gente normale.

La noncuranza che affibbia otto anni di galera a Gianfranco Fini non rimane confinata ai traffici di Montecarlo: è la stessa che sbatte in prigione un disgraziato per un furtarello o per un paio di dosi di stupefacente, uno che resta un signor nessuno finché non diventa Stefano Cucchi, o un altro nome che si scorda dopo la notizia che lo racconta impiccato in una cella.

20 Marzo 2024

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