La Francia e noi

Aborto in Costituzione, la lezione francese all’Italia schiava dei dogmi

La Francia è il primo paese a inscrivere in Costituzione la libertà delle donne. Negli anni ha modificato continuamente la legge sull’Ivg per superare i limiti riscontrati nella sua applicazione.

Editoriali - di Mirella Parachini - 6 Marzo 2024

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Aborto in Costituzione, la lezione francese all’Italia schiava dei dogmi

Lunedì 4 marzo 2024 il Parlamento francese, riunitosi a Versailles in Congresso (seduta bicamerale dell’Assemblea Nazionale e del Senato) ha approvato, a larga maggioranza, l’integrazione nell’art.34 della Carta Costituzionale, la libertà di ricorrere alla interruzione volontaria della gravidanza (IVG).

Con questo voto storico la Francia diventa il primo paese al mondo ad inscrivere formalmente la IVG nella sua Costituzione. Questo è il risultato di un processo parlamentare durato diciotto mesi, che ha visto, oltre all’impegno di numerosi parlamentari anche quello di molte associazioni per difendere una legge fondamentale che garantisca alle donne di disporre del proprio corpo.

Dal 1975, anno dell’approvazione della legge Veil sulla IVG, il testo della legge è stato modificato innumerevoli volte, sulla base delle valutazioni dei limiti che venivano riscontrati nell’applicazione della norma originaria.

Dal rimborso da parte della sanità pubblica nel 1982 (Legge Roudy) alla creazione del reato di intralcio alla IVG nel 1993 (legge Neiertz); dall’estensione del periodo in cui è possibile interrompere la gravidanza da 12 a 14 settimane nel 2001 (legge Aubry-Guigou) alla eliminazione del concetto di “pericolo” dalle condizioni che consentano l’aborto nel 2014, fino ad arrivare, nel 2016, alla possibilità che la procedura farmacologica venga svolta dalle ostetriche ed all’abolizione del periodo cosiddetto di “riflessione” di sette giorni.

Nel 2022 infine la legge Gaillot prolunga il periodo legale per l’IVG da 14 a 16 settimane di gestazione e autorizza le ostetriche a praticare le procedure chirurgiche.

In Italia, al contrario, il dogma della immodificabilità della legge è condiviso dalla gran parte degli schieramenti politici: governo e opposizioni sono in perfetta sintonia nel dichiarare che “la legge 194 non si tocca”, nonostante sia ormai chiaro che proprio il dettato della legge, in alcune sue parti, limita gravemente non solo il diritto all’autodeterminazione, ma anche il diritto alla salute delle donne.

L’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica da anni è mobilitata su questo tema, sia con diverse proposte di modifica della legge, sia attraverso la richiesta di una migliore applicazione della legge sulla IVG in tutte le regioni, tramite una petizione al Parlamento.

Inoltre, l’Associazione sostiene la petizione al Parlamento europeo di Eumans, movimento paneuropeo di iniziativa popolare, fondato da Marco Cappato, per includere il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Partendo dalle denunce delle donne e delle coppie, vogliamo riaprire il confronto sul diritto all’aborto in Italia e sulle criticità applicative e normative della legge.

A questo scopo abbiamo promosso la costituzione di un intergruppo parlamentare in materia di salute riproduttiva e Interruzione Volontaria di Gravidanza, con l’obiettivo di sottoporre la legge ad un vero e proprio tagliando, dopo 46 anni dall’entrata in vigore della legge!

Tra le modifiche più importanti abbiamo individuato l’eliminazione del periodo di riflessione obbligatorio (art.5: il medico “la invita a soprassedere per sette giorni”); la IVG del secondo trimestre, (richiesta soprattutto in caso di gravi malformazioni fetali) vietata “quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto” e possibile solo se vi sono rischi per la vita della donna, e non per la sua salute.

Questo comporta in molti casi la necessità di recarsi all’estero, e, come ripeto da sempre, una legge che costringe a cambiare paese è una legge da cambiare.

La mancata o non corretta applicazione della legge, soprattutto in alcune aree del nostro paese, limita ancora fortemente l’accesso all’aborto, checché ne dica la Ministra Roccella che considera la “situazione, assolutamente condivisa, senza polemica”.

Per questo l’ALC ha inviato al Ministro della Salute Orazio Schillaci una lettera con le proposte miranti a combattere le disomogeneità territoriali nella disponibilità dei servizi e ad assicurare un percorso assistenziale, in linea con le indicazioni di appropriatezza raccomandate dallo stesso ministero.

Prima fra tutte l’implementazione del metodo farmacologico in regime ambulatoriale e a domicilio, anche qui secondo le linee di indirizzo emanate nel 2020 dal Ministro Speranza.

I dati sul loro pieno recepimento da parte delle regioni dimostrano ancora forti resistenze, dimostrazione di non sapersi aprire ad una metodica della quale si intuisce la grande portata rivoluzionaria.

Siamo ancora molto lontani dall’iscrizione nella Carta Costituzionale della libertà delle donne di disporre del proprio corpo, ma, per favore, cominciamo a parlarne.

*Ginecologa e Vice segretaria Associazione Luca Coscioni

6 Marzo 2024

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