Il caso

Giurì d’onore, la “guerra” sul Mes tra Meloni e Conte finisce in farsa: commissione sciolta senza verdetto

Politica - di Redazione

8 Febbraio 2024 alle 17:25

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FOTO DA LAPRESSE
FOTO DA LAPRESSE

Il Giurì d’onore chiesto dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte per accertare la falsità delle affermazioni della premier Giorgia Meloni nell’Aula della Camera, col Mes approvata dell’esecutivo Conte-bis “col favore delle tenebre” e dopo la caduta del suo governo, è finito in una farsa.

L’organismo super partes chiesto a gran voce da Conte non ha espresso infatti alcun verdetto sulla questione: è stato sciolto in anticipo e non presenterà alcuna relazione sulle parole della presidente del Consiglio Meloni rivolte ai deputati nell’Aula il 13 dicembre scorso.

Cos’è il Giurì d’onore

Il Giurì d’onore è nominato dal presidente della Camera su richiesta di un deputato che si senta leso nella sua onorabilità da accuse che gli siano state mosse nel corso di una discussione, e ha come compito quello di valutare la fondatezza di tali addebiti.

Come ricordato dal Post, il caso più eclatante finito davanti a un Giurì d’onore fu quello che vide protagonista nel 1999 Roberto Manzone dell’Udeur. Manzone chiede un Giurì per valutare le affermazioni di Paolo Bampo, del Gruppo Misto, che aveva dichiarato all’agenzia Ansa di aver ricevuto una importante offerta in denaro, circa 200 milioni di lire, da un altro deputato, Luca Bagliani, per passare proprio nell’Udeur. Bagliani negò le accuse e minacciò di denunciare Bampo: venne quindi istituito un Gran giurì che decretò come Bampo avesse detto la verità, ma non ci furono conseguenze né per Bagliani né per l’Udeur.

Lo scioglimento del Giurì d’onore

La decisione di sciogliere in anticipo l’organismo è stata assunta dal presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, dopo le dimissioni arrivante mercoledì dai deputati Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi-Sinistra e Stefano Vaccari del Partito Democratico.

L’accusa era quella di “mancanza di terzietà” da parte di una commissione speciale che doveva essere, al contrario, super partes. Nella lettera di dimissioni Vaccari sottolinea che “nella relazione che ci è stata sottoposta dal Presidente”, il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, “sono prevalse alcune motivazioni, ancorché significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria della Presidente Meloni”.

Per effetto delle dimissioni di Vaccari e Zaratti è stato poi lo stesso Conte ieri a chiedere l’immediato scioglimento della commissione, dopo aver appreso “con grave sconcerto che sono venuti a mancare i presupposti di terzietà e la possibilità di pervenire a una ricostruzione imparziale scevra da strumentali interpretazioni di mero carattere politico”.

Di tutt’altro avviso Mulè. “Mai e in nessuna occasione, mai e in nessuna forma, fin dalla prima seduta del 10 gennaio e per le successive 6, Vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza, sollevato alcuna protesta, presentato reclamo, palesato rimostranze rispetto all’organizzazione e all’evolversi dei lavori: al contrario, avevano sempre manifestato spirito collaborativo e istituzionale nell’assolvimento dell’incarico ricevuto”, scrive il deputato di FI e vicepresidente della Camera.

di: Redazione - 8 Febbraio 2024

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