L'inchiesta
Accademia militare di Modena, l’indagine sui presunti abusi del colonnello: sessismo e punizioni umilianti
Violenza privata, molestie, stalking e abuso di autorità. Sono le accuse contestate dalla procura di Modena, che mercoledì ha notificato la conclusione delle indagini, a Giampaolo Cati. Tenente colonnello dell’Esercito dal lungo curriculum e plurimedagliato, dal 2016 è alla guida del centro ippico dell’Accademia militare di Modena: i fatti contestati a Cati sarebbero avvenuti proprio all’interno del centro, come denunciato nel 2021 da undici militari, quattro donne e sette uomini, fra soldati semplici, sergenti e caporali, tutti naturalmente sottoposti di Cati al Cim.
Negli atti della procura di Modena, col giudice per le indagini preliminari che dovrà decidere a breve se rinviare o meo a giudizio il tenente colonnello, vi sono una lunga serie di testimonianze sugli atti punitivi e umilianti commessi da Cati nei confronti dei militari suoi sottoposti.
Questi nel 2021 si sono rivolti al comandante dell’Accademia Davide Scalabrin, che a sua volta le aveva presentate alla procura di Modena e alla procura militare di Verona, dando il via all’inchiesta.
Le accuse contro Cati
Le denunce contro il tenente colonnello Cati, 45 anni, raccontano di un lungo elenco di atti persecutori e umilianti nei confronti dei militari, gli undici denunciati che a Modena si occupavano tra le altre cose della custodia e della cura dei cavalli delle scuderie dell’Accademia (i palafrenieri), maniscalchi e infermieri dei cavalli.
I bersagli preferiti di Cati erano le donne, con continui riferimenti all’aspetto fisico e al loro peso, con minacce di trasferimento. “Tu non sai di cosa sono capace, io se voglio una persona la faccio impazzire fino al congedo, se voglio fare male ad una persona la distruggo attaccandomi al collo senza dargli respiro, non la lascio più fin quando non l’ho distrutto”, si legge negli atti disposti dalla pm Francesca Graziano.
La rappresentante dell’accusa scrive che il capo del Cim di Modena “li costringeva a orari superiori agli obblighi, negava i permessi, non concedeva riposi… ripicche, minacce di ostacolare la carriera abbassando le note caratteristiche… Urlava, tirava pugni, calci contro porte e arredi”, le parole riferite dal Corriere della Sera.
Il clima era tremendo, in alcuni casi le vessazioni nei confronti dei sottoposti comportavano l’ordine di lavare frequentemente i genitali dei cavalli. Ma i militari sarebbero stati costretti anche a lavorare per orari superiori agli obblighi, negando loro i permessi, anche per visite mediche, e i turni di riposo.
Dalle testimonianze emergono anche molestie di tipo sessuale. Questo quanto avrebbe riferito Cati ad una soldatessa di origini pugliesi: “Mi so sentendo con una delle tue parti, ma voi giù siete calde vero? Mamma mia come siete calde”.
La difesa del tenente colonnello
Cati resta operativo all’interno dell’Accademia di Modena, ma in attesa dell’esito delle indagini è stato trasferito ad altra mansione. Il tenente colonnello , difeso dall’avvocato Guido Sola, respinge tutte le accuse: “Il mio cliente si è sempre speso per i suoi soldati, ha un profondo rispetto per l’Istituzione e ha dato vita con il centro ippico a importantissimi service territoriali in favore di associazioni di volontariato”.