La condanna all'ex avvocato

Mezza vittoria per Gratteri, ottiene lo scalpo di Pittelli

La sua condanna puntella un’inchiesta che rischiava di affondare. Il giovanissimo collegio del tribunale di Vibo ha condiviso in buona parte l’impianto accusatorio: 260 condanne su 380 imputati.

Giustizia - di Paolo Comi - 21 Novembre 2023

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Nicola Gratteri e Giancarlo Pittelli
Nicola Gratteri e Giancarlo Pittelli

Nicola Gratteri ha vinto a metà. La maxi condanna ad 11 anni di prigione per l’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli ‘puntella’ una inchiesta che correva il serio rischio di finire in un flop clamoroso.

“Pittelli viene condannato per quello stesso reato rispetto al quale solo pochi mesi fa la Cassazione prima, ed il Tribunale per il Riesame subito dopo, avevano escluso la sussistenza anche solo di indizi gravi di colpevolezza”, ha commentato l’avvocato Gian Domenico Caiazza, difensore dell’ex parlamentare berlusconiano insieme ai colleghi Salvatore Stoiano e Guido Contestabile.

“Tanto basta a far comprendere, a tutti coloro che abbiano la onestà intellettuale di volerlo fare, quanto questa condanna fosse ad ogni costo indispensabile per salvare la credibilità della intera operazione investigativa Rinascita Scott. Sono dinamiche che abbiamo drammaticamente imparato a conoscere in altri clamorosi casi giudiziari, a cominciare da quello di Enzo Tortora”, ha aggiunto Caiazza, ricordando anche che da quei casi giudiziari “abbiamo imparato che, alla fine, l’innocenza dell’imputato verrà riconosciuta, seppure con imperdonabile ritardo, e dopo aver causato danni incommensurabili”.

In attesa dunque del deposito delle motivazioni, l’impianto accusatorio della più “grande inchiesta” nei confronti delle cosche, utilizzando le parole dell’allora procuratore di Catanzaro ora promosso a Napoli, è stato in buona parte condiviso ieri dal giovanissimo collegio penale del tribunale di Vibo Valentia composto dalle giudici Brigida Cavasino, Claudia Caputo, Germana Radice, 6 anni di servizio in 3 quando iniziò il dibattimento: 260 le condanne su 380 imputati.

Pittelli, in particolare, sarebbe stato ‘l’uomo cerniera’ tra cosche e politica che, a leggere il capo d’imputazione, avrebbe messo sistematicamente a disposizione delle cosche ‘ndranghetisteil proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore imprenditoriale”.

Gratteri durante la requisitoria aveva chiesto per Pittelli 17 anni di prigione, dopo aver stigmatizzato coloro che inizialmente non “avevano creduto in questo processo” dal momento che la quasi totalità dei soggetti coinvolti erano figure di basso profilo e nemmeno lontanamente paragonabili agli imputati del Maxi processo di Palermo.

Oltre a Pittelli, infatti, gli unici imputati di un certo spessore erano il colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli, ex comandante del reparto operativo di Catanzaro, il consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino, il segretario del Psi calabrese Luigi Incarnato, ed il sindaco di Pizzo e presidente Anci Calabria Gianluca Callipo, quest’ultimo assolto.

Nasselli, per il quale è caduta l’aggravante mafiosa che l’aveva portato in carcere insieme a Pittelli nel dicembre del 2019, è stato invece condannato a 2 anni e 6 mesi per il solo reato di rivelazione nei confronti dell’ex parlamentare.

In deroga alla presunzione di non colpevolezza stabilita dall’articolo 27 della Costituzione, Naselli era stato prima sospeso dal servizio e poi degradato a soldato semplice e questo nonostante la Cassazione avesse stroncato l’accusa di aver voluto agevolare il clan dei Mancuso. Pur a fronte di tale pronuncia il Comando generale dell’Arma era rimasto fermo sulle proprie posizioni e a novembre del 2020 aveva stabilito che Naselli non fosse “meritevole di conservare il grado”.

Sono “prive di pregio le memorie difensive e le relative documentati presentate in quanto non apportano alcun elemento utile a propria discolpa”, fecero sapere i vertici della Benemerita, evidenziando che il colonnello aveva “leso i principi di moralità e rettitudine che devono sempre caratterizzare il comportamento del militare dell’Arma il cui prestigio risulta gravemente compromesso”, essendo “irrimediabilmente pregiudicata quella relazione fiduciaria che deve necessariamente permanere tra amministrazione e dipendente”.

La decisione dell’Amministrazione era stata poi annullata dal Tar che ne aveva criticato la motivazione ‘copia ed in colla’ con il capo d’imputazione indicato nell’ordinanza di arresto del dicembre del 2019. Come accade spesso in questi casi, il provvedimento dei giudici amministrativi si era però perso per strada e Naselli, assistito dall’avvocato Gennaro Lettieri, non era mai stato reintegrato in servizio.

Grande euforia per la condanna di Pittelli, infine, da parte dell’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris che nel 2006, quando era pm a Catanzaro, lo aveva indagato nell’ambito dell’inchiesta Poseidone poi finita in un nulla di fatto. “Il tempo è galantuomo ma le ingiustizie subite dalla criminalità istituzionale non saranno mai riparate”, ha detto de Magistris.

21 Novembre 2023

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