Cioccolatino della discordia
Gianduiotto Igp o Lindt, la guerra del cioccolato a Bruxelles: scontro sulla ricetta originale
Sul gianduiotto, il noto cioccolatino prodotto con nocciole piemontesi, è in corso una guerra diplomatico-commerciale a suon di carte bollate che si è spostata a Bruxelles. Tutta colpa dello scontro in atto tra Lindt, l’azienda dolciaria svizzera che lo produce, e il Comitato del gianduiotto di Torino IGP, composto da imprenditori e cioccolatieri e sostenuto dalla Regione Piemonte.
Al centro della diatriba c’è la ricetta del gianduiotto: se da una parte il Comitato piemontese e la Regione vorrebbero ottenere la denominazione di Indicazione geografica protetta, dall’altra la Lindt ha chiesto di cambiare la ricetta considerata originale per aggiungere nuovi ingredienti e ridurre il quantitativo di nocciole nel cioccolatino, proposta respinta come inaccettabile dal Comitato.
La storia del gianduiotto
La ricetta e l’invenzione del gianduiotto, chiamato così in onore della maschera torinese, è attribuita alla Caffarel, storica azienda dolciaria piemontese che lo commercializzò più di 150 anni fa, nel 1865. Nel 1997 l’azienda venne poi acquisita dal gruppo svizzero Lindt & Sprüngli.
Con il passaggio da artigianato a industria, Caffarel inserisce nel suo gianduiotto un ingrediente estraneo: il latte in polvere. “La nocciola”, spiega Guido Castagna, maestro cioccolatiere e presidente del marchio gianduiotto IGP di Torino, a CiboToday, “era stata scelta come surrogato del cacao in quanto prodotto povero. Col passare del tempo la Nocciola Piemonte Igp ha goduto di un apprezzamento notevole che l’ha resa troppo costosa per una produzione di massa. Così Caffarel, e altri, hanno sostituito gran parte della nocciola con latte in polvere. Inoltre, il latte in polvere ha la capacità di stabilizzare il cioccolatino rendendo la produzione più facile”.
Lo scontro sugli ingredienti e l’Igp
Proprio per l’inserimento di ingredienti “esterni” nacque nel marzo 2022 Comitato del gianduiotto di Torino IGP, coordinato da Castagna, che presentò alla Regione Piemonte la richiesta per l’ottenimento della certificazione, accolta nel settembre dello stesso anno dalla giunta a guida centrodestra guidata da Alberto Cirio.
La denominazione IGP è attribuita però dall’Unione Europea a prodotti agricoli e alimentari considerati di alta qualità e fortemente legati al territorio di origine. Dunque per ottenerla è necessario almeno una parte della produzione, lavorazione o preparazione del prodotto avvenga nella città o nella zona indicata come origine. Dopo la richiesta alla Regione, la pratica per l’ottenimento dell’IGP passa dal ministero dell’Agricoltura e quindi davanti alla Commissione europea.
Proprio nel corso delle consultazioni col ministero, l’azienda svizzera Lindt ha al contrario presentato diverse richieste riguardanti gli ingredienti e la composizione del prodotto: a partire proprio dall’uso di latte in polvere, non previsto dalla ricetta originale ma comunque diventato di uso comune per la produzione industriale, oltre alla riduzione della componente minima di nocciole dall’attuale 30 per cento al 28 per cento.
Della questione dovrà dunque occuparsene Bruxelles, in particolare col commissario europeo per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski. Il politico polacco ha partecipato questa settimana ad un videocollegamento con Cirio, Castagna e col ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Le conseguenze di un eventuale via lbiera europeo alla richiesta di IGP sono chiare: Lindt e le altre aziende potrebbero continuare a produrre gianduiotti con ricette diverse da quella certificata come originale, ma non potranno porre l’indicazione IGP sui loro prodotti.