Il libro
Chi era Giangiacomo Feltrinelli raccontato da Davide Serafino per sottrarlo al gossip giornalistico
Nel libro Gappisti, Davide Serafino descrive la figura di Giangiacomo “per sottrarlo al gossip” e ricostruisce la storia del gruppo armato fondato dall’editore
Cultura - di Frank Cimini
“Un modo per sfatare la vulgata che lo vede come un personaggio tra il romantico e il grottesco, tra il patetico e il velleitario e per restituire un’identità politica a una figura complessa, certamente non esente da incoerenze ma mai banale”. In 280 pagine editore DeriveApprodi, 20 euro, il ricercatore storico Davide Serafino parla di Giangiacomo Feltrinelli “per sottrarlo al gossip giornalistico e in alcuni casi anche storiografico e provare a ‘riconsegnarlo’ alla storia del suo tempo”.
Il lavoro di Serafino va anche oltre la novità fattuale e storica contenuta nel libro a causa delle parole dell’ingegner Vittorio Battistoni, oggi 85enne, il quale svela di essere stato lui a consegnare all’editore l’esplosivo poi utilizzato al traliccio di Segrate dove “Giangi” per imperizia e sfortuna trovò la morte la sera-notte del 14 marzo del 1972. La ricerca dal titolo Gappisti ricostruisce per la prima volta la storia del gruppo armato fondato dall’editore, “un gruppo atipico e forse nemmeno un gruppo vero e proprio, senza una struttura organizzata, i vari Gap presentavano molte differenze tra loro”.
Feltrinelli finanziò l’acquisto di basi e di armi, riviste, una rete logistica a disposizione di una intera area rivoluzionaria, ma non lo fece “nel modo ingenuo, fondamentalmente stupido, che molti vogliono far credere”. L’intento della ricerca non è quello di scovare questo o quel nome ma sempre individuare in quali contesti sociali, politici i GAP attinsero per costruire la propria rete. Del resto la lotta armata di sinistra è stata un fenomeno pienamente politico.
Erede di una famiglia dalle possibilità economiche sconfinate, Feltrinelli da ricchissimo borghese si macchiò della colpa peggiore per la quale non venne mai perdonato, cioè l’avere tradito, questo ricorda il ricercatore, con tutte le contraddizioni del caso la propria classe di origine. Fu “Giangi” uno dei più importanti editori italiani che sfidando la guerra fredda pubblicò Il dottor Zivago, scopriva Il Gattopardo, creava una moderna catena di librerie oltre a editare i testi dei rivoluzionari di mezzo mondo.
E, dulcis in fundo, l’uso di vecchie ricetrasmittenti da parte dei Gap per interrompere radiogiornali e tg della Rai, anticipò di molti anni prima le radio libere e poi addirittura le tv commerciali di Silvio Berlusconi. Ricorda Oreste Scalzone: “Io non lo frequentavo per il patrimonio o per la casa editrice e avevo pure scarso interesse per le sue idee che venivano giù direttamente da semplificazioni cominterniste e fochiste. Ho avuto invece molto affetto per la persona, curiosità e rispetto per le sue scelte, complicità con alcuni suoi sogni”.
Franco Piperno con molto affetto manifestò il dissenso dalle idee di Feltrinelli sintetizzando: “Non solo non siamo alla guerra civile ma non possediamo neanche una teoria adeguata dei processi sociali e quindi delle forme organizzative. Solo spunti e frammenti”. Piperno spiegava di non considerare Feltrinelli un finanziatore ma “un compagno che stava costruendo un anello decisivo della lotta”.
Potere Operaio fu l’unico gruppo, sfidando sia gli altri extraparlamentari sia la sinistra tradizionale, ad affermare “un rivoluzionario è caduto” senza cedere di un millimetro davanti alle dietrologie nate subito dopo il fatto di Segrate. Anche Vittorio Battistoni si dice convinto che dietro la morte di Feltrinelli non c’è nessun mistero. “Le cose andarono esattamente come descritte da chi era con lui quella notte e poi da altri autori”.
Per il PCI invece la morte di Feltrinelli rappresentava “l’ennesima provocazione anticomunista”, le forze reazionarie avrebbero organizzato il tutto. Il giorno prima era iniziato il congresso che avrebbe eletto segretario nazionale Enrico Berlinguer. Fu anche il battesimo di una dietrologia che passando per Moro e via Fani dura ancora oggi, pur di non prendere atto della realtà, e che continua a fare danni.