Gogna e giustizia
Il vigile di Sanremo non era “furbetto”, assolto e reintegrato dopo le foto in mutande: “86 giorni ai domiciliari e 8 anni da incubo”
Cronaca - di Redazione
Il “furbetto” che non lo era. Alberto Muraglia nel 2015 era diventato suo malgrado una sorta di simbolo dei dipendenti “fannulloni”: tutta colpa dell’inchiesta che coinvolse il Comune di Sanremo sul presunto assenteismo dei suoi dipendenti, indagine che porto la Finanza a eseguire 43 misure cautelari con 196 indagati.
Muraglia fu immortalato mentre timbrava in mutande, trascorse 86 giorni agli arresti domiciliari e venne messo alla gogna con accuse gravi e infamanti: truffa ai danni dello Stato e indebita timbratura del cartellino.
Otto anni trascorsi a difendersi nelle aule di tribunale, “non li auguro neanche al peggiore dei miei nemici”, dice oggi il vigile urbano, per risultare innocente.
“È finito un incubo e, finalmente, tornerò a indossare la mia amata divisa perché è stato dimostrato che sono stato un vigile modello, altro che furbetto del cartellino”, si sfoga al Corriere della Sera Muraglia.
All’epoca anche il premier Matteo Renzi si espresse contro di lui, dimostrando un garantismo a targhe alterne: “Questa è gente da licenziare in 48 ore, è una questione di dignità”, disse l’attuale leader di Italia Viva, come ricorda Repubblica.
Eppure nel procedimento penale Muraglia è stato assolto con formula piena dall’accusa di falso e truffa, sia in primo grado che dalla Corte d’Appello di Genova. Nei giorni scorsi la sezione lavoro della Corte d’Appello lo ha reintegrato accogliendo il ricorso contro la sentenza del giudice del lavoro di Imperia che aveva confermato il licenziamento, risalente al 22 gennaio 2016, disposto dall’ufficio procedimenti disciplinari, con una sentenza “direttamente esecutiva” che il Comune di Sanremo non potrà di fatto non applicare.
Insomma, Muraglia potrà finalmente tornare a vestire la sua amata divisa della Polizia locale del comune ligure. Ente che dovrà anche pagargli stipendi e contributi arretrati degli ultimi anni: la stima è sui circa 250mila euro.
Il suo incubo è dovuto a quel fermo immagine che lo mostra, in slip e maglietta, davanti alla macchina timbratrice del Comune di Sanremo: immagini immortale dalla Finanza nell’ambito dell’inchiesta “Stachanov”.
Come racconta Muraglia al Corriere, fu accusato di esser tornato a letto dopo aver timbrato. Era vero il contrario: “Io stavo entrando in servizio. Il mio alloggio distava 15 metri dall’ufficio e, alle 5 di domenica, andavo in borghese a controllare se c’erano auto da rimuovere per via del mercato. Se sì, chiamavo il carro-attrezzi e risalivo per indossare la divisa. Per non perdere tempo, quella volta ho timbrato in intimo. L’ho dimostrato esibendo i verbali e alcuni colleghi hanno testimoniato in mio favore”.