Il candidato ultradestra
Chi è Javier Milei, il Grillo di estrema destra che vola alle primarie in Argentina
Il voto di protesta e l’iperinflazione lo portano al 30% verso le presidenziali di ottobre. Il peronismo di governo, al 21% , tenta la rimonta con Sergio Massa
Esteri - di Angela Nocioni
Il candidato della destra alle presidenziali argentine di ottobre sarà un urlatore di ultradestra che si definisce anarcocapitalista, dice di considerare suo compito l’estinzione dello Stato e farcisce le sue sparate antisistema di slogan contro l’aborto. Si chiama Javier Milei. Ha ottenuto il 30% dei voti alle primarie che in Argentina sono obbligatorie, si celebrano a due mesi dalle presidenziali e riguardano tutti i partiti.
Milei si presenta come un anti-casta, tasto molto sensibile nel Paese che durante la crisi di fine 2001 ha visto entrare e uscire dalla Casa Rosada cinque presidenti in pochi mesi al grido di piazza “Que se vayan todos” (che se ne vadano tutti). Milei ha stracciato la destra tradizionale guidata dall’ex presidente Mauricio Macri e rappresentata al voto da Patricia Bullrich, ferma al 17%. Al secondo posto con il 21% c’è Sergio Massa, l’economista figlioccio politico dell’ex presidente Nestor Kirchner. Massa rappresenta lo schieramento progressista e paga l’essere emanazione diretta dei peronisti al momento al governo.
Milei ha capitalizzato il grande malcontento sociale per l’inflazione alle stelle e la povertà che dilaga. Promette di spenderlo tutto in una campagna di feroce populismo giocata sull’esaltazione degli ultras di Vox, nonostante la scoppola presa da Vox alle elezioni politiche in Spagna a luglio, e sull’imitazione di Trump . Anche se lui per eloquio e stile somiglia più a un Grillo spostato alla destra estrema che a The Donald. La grande sorpresa è che per la prima volta si è rotto il bipolarismo tradizionale che da tempo caratterizza l’Argentina dominata da due grandi coalizioni.
La destra al momento guidata dall’ala liberista di Macri e i peronisti attualmente al governo con la loro corrente di sinistra se la dovranno vedere con il fenomeno, vecchio ma insidiosissimo, della furiosa piazza antipolitica che stavolta però è stata intercettata da un capo in grado di trasformare quella rabbia in voti per sé. Milei sta festeggiando come se fosse già con un piede dentro la Casa Rosada. “Metterò fine alla casta parassitaria, ladra e inutile di questo Paese” ha detto appena diffusi i primi risultati. “Siamo in condizioni di vincere al primo turno. Siamo di fronte alla fine del modello della casta, quel modello la cui massima espressione è l’aberrazione chiamata giustizia sociale che solo produce deficit fiscale”.
Nel suo programma di governo Milei, che si presenta con la lista la Libertà, avanza promette di tagliare i posti di lavoro nella pubblica amministrazione, la dollarizzazione della valuta (che nei prezzi è già dollarizzata da tempo), la privatizzazione di tutti i servizi pubblici incluse sanità e istruzione e l’eliminazione della Banca centrale. L’affluenza alle urne è stata molto bassa: il 69% dei 35 milioni degli aventi diritto. Si tratta della percentuale più bassa mai registrata alle primarie. Rispetto alle precedenti del 2019 il calo è stato di 1,4 milioni.
Per rimontare e riuscire nel sorpasso Sergio Massa deve riuscire a mandare al voto quei dieci milioni di persone che alle primarie non hanno partecipato, oltre a pescare nel bacino della destra tradizionale che in buona parte teme le bordate antisistema più del peronismo di sinistra, forza di governo navigata e ragionante.