Le motivazioni del processo

“Antonio Caridi non è della ‘ndrangheta”, assolto l’ex senatore che è stato 18 mesi in carcere

L’ex politico Antonio Caridi «non fa parte dei “riservati” della ‘ndrangheta. Nel vasto materiale probatorio non vi sono elementi di prova». Scrivono i giudici

Giustizia - di Annalisa Costanzo

3 Agosto 2023 alle 15:30

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“Antonio Caridi non è della ‘ndrangheta”, assolto l’ex senatore che è stato 18 mesi in carcere

Assolto perché il fatto non sussiste. Ma soprattutto perché «non vi sono elementi di prova per poter affermare che il Caridi fosse consapevole dell’esistenza della massoneria segreta o struttura riservata, e che la stessa si adoperasse per il mantenimento di Scopelliti e di Sarra Alberto in ruoli istituzionali strategici e funzionali agli interessi della criminalità organizzata». A scriverlo è il Tribunale di Reggio Calabria, nelle motivazioni della sentenza “Gotha”, emessa a luglio 2021, con la quale sono state condannate 15 persone e pronunciate altrettante assoluzioni.

Tra gli assolti c’è l’ex senatore Antonio Stefano Caridi, che per le accuse mosse dalla Dda fu arrestato quando era parlamentare in carica e ha trascorso in carcere 18 lunghi mesi. Ingiustamente. Nelle 112 pagine, sulle 7600 complessive, in cui illustra la singola posizione di Caridi, il giudice Silvia Capone esordisce ricordando: «che secondo l’impostazione accusatoria, Caridi, come Sarra Alberto, avrebbe fatto parte della componente riservata della ‘ndrangheta, con il ruolo dell’uomo di mezzo, preposto ad assicurare, una volta introdottosi nei gangli istituzionali – del Comune prima, della Regione poi, e infine del Parlamento della Repubblica – grazie al consenso elettorale raggiunto attraverso uno scambio elettorale politico mafioso, il perseguimento costante degli interessi della ‘ndrangheta, condizionando la gestione della cosa pubblica in favore degli interessi particolari degli accoliti».

Ma per il Tribunale di Reggio Calabria, «il vastissimo materiale probatorio sin qui passato in rassegna non consente di condividere il teorema accusatorio». La Corte evidenzia come «non vi sono elementi pertanto, tratti dalle intercettazioni, per poter affermare che il Caridi prendesse parte alla struttura riservata della ‘ndrangheta, diversamente, per quanto si è visto, da Alberto Sarra, il quale sin dalle elezioni regionali del 2000 aveva lamentato esplicitamente con Romeo che i De Stefano non lo avevano votato poiché gli avevano preferito Scopelliti consentendo a Fiume di procurargli i voti con il metodo mafioso, così mostrando di appartenere allo stesso circuito criminale del Romeo».

Nel 2016, quando scattò il blitz, Caridi era un senatore della Repubblica italiana e per il suo arresto è stato necessario il via libera del Senato. Era un mercoledì, esattamente il 2 agosto 2016, quando da Palazzo Madama arrivò l’ok alla richiesta di arresto nei confronti dell’allora 46enne senatore di Gal, trasmessa dai magistrati dell’antimafia di Reggio Calabria. Un voto lampo e segreto col quale ben 154 senatori espressero parere favorevole alle manette, mentre furono 110 quelli contrari e 12 gli astenuti. Quel giorno Caridi uscì dall’aula in lacrime, dopo aver ribadito la propria innocenza: «Non c’è un fatto – aveva detto – che dimostri questa infamante accusa. Mi si accusa di aver avuto da sempre l’appoggio delle cosche eppure si dimenticano le tornate elettorali in cui non sono stato eletto oppure ho raccolto un numero di voti inferiore ad altri». Si sentiva «tradito dalla politica», disse a Il Dubbio.

Oggi, le motivazioni dell’assoluzione, giunte a distanza di sette anni da quel caldo agosto 2016, spazzano via ogni dubbio: «Gli atti esaminati – si legge nelle carte del tribunale – depongono sempre per una estraneità del Caridi alla struttura riservata». Difeso dagli avvocati Valerio Spigarelli e Carlo Morace, l’ex senatore aveva militato anche in Forza Italia ed era finito sotto inchiesta con l’accusa di fare parte di una associazione segreta, capeggiata dall’ex parlamentare del Psdi, Paolo Romeo, condannato a 25 anni. Un’associazione che, stando all’indagine, aveva l’obiettivo di condizionare la politica di Reggio Calabria e di agevolare le cosche De Stefano e Gullace, in cambio del loro sostegno elettorale. Ma per i giudici, le vittorie elettorali di Caridi erano «il frutto della propria attività politica, a cui in nessun modo aveva preso parte il Romeo».

Sette anni di accuse sulla base di un’unica conversazione, captata nell’aprile del 2002, quando Romeo prima e Giuseppe Valentino dopo estendevano a Caridi il disegno di costituzione degli uomini a disposizione della ‘ndrangheta all’interno delle istituzioni. “Una conversazione, scrivono oggi i giudici, attinente esclusivamente a temi di natura politica. Ricorso al Caridi per trarre utili in favore delle consorterie o degli accoliti e l’impegno del politico in tale direzione”.

Caridi nel 2016 fu arrestato per volontà della maggioranza dei senatori. Che probabilmente non avevano letto una riga delle 4000 pagine presentate due giorni prima dai Pm per chiedere la cattura. Era evidente il fumus persecutionis a chi avesse letto quelle pagine. Chissà come si sentono oggi quei 154 parlamentari che per pigrizia o per pregiudizio e con piena colpa, hanno lasciato per 18 mesi un loro collega innocente in fondo a una cella. Andranno, uno ad uno, a chiedergli scusa?

3 Agosto 2023

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