La nomina della discordia
Ecco il piano dei meloniani per neutralizzare il garante dei detenuti
L’ennesimo scivolone di Nordio, commissariato da FdI dopo aver indicato la presidente di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini
Giustizia - di Angela Stella
Come neutralizzare la missione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale? Scegliendo la terna che, come ha riferito Liana Milella su Repubblica, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio avrebbe portato all’attenzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella la scorsa settimana. Stiamo parlando di Felice Maurizio D’Ettore, ordinario di diritto privato a Firenze, che dovrebbe essere il presidente del Collegio, affiancato da Carmine Antonio Esposito, ex presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, e da Mario Serio, Professore ordinario di Diritto Privato Comparato nell’Università di Palermo dal 1994.
Persone vicino al Guardasigilli raccontano che la scelta non sarebbe dipesa solo dal Guardasigilli, ma avrebbe ricevuto indicazioni dal partito che poi lo ha fatto eleggere, ossia Fratelli d’Italia, e da Forza Italia, senza lasciare alcuna casella per le opposizioni e quote rosa. Infatti D’Ettore dopo una esperienza politica nel Popolo delle Libertà e in Coraggio Italia, a settembre dell’anno scorso passa nelle file del partito di Giorgia Meloni. Esposito è stato consigliere comunale a Brusciano con FdI e Mario Serio fu componente eletto dal Parlamento del Consiglio Superiore della Magistratura nel quadriennio 1998-2002 in quota Forza Italia.
Insomma, a preoccuparsi dei diritti dei detenuti, degli immigrati nei Cpr e hotspot, degli internati nelle Rems, dei ricoverati nelle Rsa e dei disabili ci penseranno un civilista, un ex magistrato di sorveglianza vicino agli ottant’anni – forse troppi per girovagare per l’Italia a fare ispezioni come l’attuale Collegio di Maura Palma, Emilia Rossi e Daniela De Robert – e un comparativista esperto di common law inglese. Come ha ricordato il Presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, “ogniqualvolta si debba nominare un’autorità nel campo dei diritti umani (e vi rientra chi si occupa di diritti delle persone private della libertà, monitoraggio dei luoghi detentivi, prevenzione della tortura), così come le stesse Nazioni Unite hanno ampiamente specificato nel tempo, si deve guardare esclusivamente alla competenza specifica, all’esperienza e all’indipendenza. Non dovrebbero mai contare le appartenenze politiche o partitiche. Il campo dei diritti umani deve essere sottratto a spartizioni o manuale Cencelli”.
Nessuno mette in dubbio la preparazione e cultura dei tre prescelti – Via Arenula non ha smentito Repubblica – ma ci chiediamo come potranno portare avanti l’obiettivo principale del Garante ossia “vigilare affinché la custodia delle persone sottoposte alla limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme nazionali e alle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia”. Occorre un bagaglio culturale specifico, basta vedere i curriculum vitae dell’attuale Collegio. Sorge quindi il dubbio che il Governo, non potendo cancellare la figura del Garante, come richiesto dalla Lega, abbia scelto tre figure pronte a inibire quello che il magistrato Riccardo De Vito in un suo articolo pubblicato su Questione Giustizia ha definito “un patrimonio indiscusso della Repubblica” per il suo ruolo nella prevenzione delle possibili violazioni dei diritti delle persone private della libertà. Pensiamo solo al reato di tortura: Fratelli d’Italia a inizio legislatura ha proposto un ddl per cancellarlo mentre Mauro Palma ha detto che sarebbe “un rischio grave e assolutamente da evitare”.
La domanda è: i due eventuali nuovi membri del Collegio, in quota Fdi, che atteggiamento avranno nei confronti di detenuti che denunciano torture? Faranno come previsto dalle funzioni, ossia scrivere “un rapporto contenente osservazioni ed eventuali raccomandazioni” e “inoltrarlo alle autorità competenti”, compresa la magistratura? La domanda chiave è: i diritti dei ristretti saranno garantiti o su di loro cadrà l’oblio? Chi avrebbe assicurato una luce su quei luoghi oscuri, lontani dal dibattito democratico, sarebbe stata la radicale Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino, che voci di corridoio dicono fosse, a questo punto paradossalmente, nei desiderata di Nordio.
Oltre 80 docenti hanno firmato un appello a suo favore ma si rincorrono le ipotesi sul perché sia stata scartata: per la sua condanna a 2 mesi e 20 giorni per le disobbedienze civili accanto a Marco Pannella per la legalizzazione della cannabis, per i cattivi rapporti con l’attuale segretario generale della presidenza della Repubblica Ugo Zampetti, per le sue visite in carcere insieme a esponenti di Casapound, per un possibile veto del Partito Democratico, smentito però da uno dei colonnelli dem.
Forse non lo sapremo mai ma quello che resta è un giallo che l’ex parlamentare ha condiviso ai microfoni di Radio Radicale: “Io sono stata audita dal capo di gabinetto di Nordio, Alberto Rizzo, nel mese di febbraio e ho avuto con lui una conversazione di un’ora che mi sembrava essere andata molto bene. La prima domanda che mi ha fatto è: ‘come mai vorrebbe far parte dell’ufficio del garante?’ E io gli ho risposto: ‘perché fondamentalmente già lo faccio’; basti dire che dall’inizio dell’anno con Nessuno tocchi Caino abbiamo visitato oltre sessanta istituti penitenziari, evidenziando tutte le criticità che via via incontriamo. Dopodiché è accaduto che mi è arrivata un’e-mail dal capo di gabinetto in cui si esplicitava la designazione e si richiedeva la documentazione, tipo il documento d’ identità e tutto il resto. Però a distanza di trentasei ore mi arrivava un’altra e-mail in cui, senza troppe spiegazioni, mi si diceva che quella precedente era stata annullata, per cui evidentemente qualche intoppo c’è stato”.
Inoltre la sua condanna era inserita nel cv e l’ha anche rivendicata in sede di colloquio, ma questo non aveva impedito a Via Arenula di promuoverla per poi silurarla senza motivo. Anche perché diversi garanti locali sono ex detenuti, anche condannati per terrorismo, e comunque possono svolgere quel ruolo. Tutto questo solleva però anche un altro interrogativo: dov’è finita la sensibilità di Nordio per le carceri? È l’ennesima contraddizione del Ministro: prima ha elogiato Carlo Renoldi e poi lo ha rimosso da capo del Dap, prima si è detto contrario all’ergastolo e poi, nella prima conferenza stampa, ha presentato quello ostativo, prima ha detto di essere favorevole a depenalizzazioni e poi appoggia l’introduzione di nuovi reati con la norma anti rave party, ora condividendo o non imponendosi contro questa terna, sminuisce la figura del Garante. Eppure in una conversazione con Marco Pannella e Massimo Bordin del 2012, Carlo Nordio si pronunciò addirittura a favore dell’amnistia.
Comunque si attende il Cdm – oggi o la prossima settimana forse – durante il quale il responsabile di Via Arenula porterà la terna per l’approvazione, che poi verrà mandata per pareri non vincolanti alle commissioni giustizia di Camera e Senato. A sentire alcuni parlamentari, il passaggio sarà puramente formale perché non ci saranno scontri, visto che se ne prevedono già altri sui dossier più caldi che dovranno affrontare. Intanto gira voce che qualche dipendente dell’ufficio del garante stia pensando di chiedere di essere destinato altrove, un pre ammutinamento, potremmo dire.