L'articolo
Che cosa vuol dire ‘lanzichenecchi’, il termine usato da Alain Elkann per definire i ragazzi sul treno per Foggia
Lo scrittore e giornalista è finito nella bufera per un articolo pubblicato su La Repubblica, giornale edito dal figlio John. Le sue parole sono finite sui vari social diventando anche dei meme
Curiosità - di Andrea Aversa
È finito al centro della gogna social Alain Elkann. Il papà di John, proprietario del gruppo Gedi che edita La Repubblica, ha scritto e pubblicato un articolo sul giornale di famiglia. Il tema è stato il racconto del suo viaggio, in prima classe sul treno ad alta velocità Italo, da Roma fino a Foggia, passando per la Campania. Elkann, scrittore, filosofo e intellettuale, ha utilizzato una prosa d’altri tempi, descrivendo se stesso quasi come un uomo dell’800. Peccato che il suo idillio sia stato ‘rovinato’ da un gruppo di adolescenti che in quanto tali non avevano atteggiamenti appartenenti ai secoli passati e soprattutto parlavano di cose delle quali parlano tutti gli adolescenti.
Che cosa vuol dire ‘lanzichenecchi’, il termine usato da Alain Elkann
Elkann ha scritto di sentirsi disturbato dal loro modo di vestirsi, dal loro linguaggio e dai loro discorsi. Ha definito quei ragazzi dei “lanzichenecchi“. Ma che cosa vuol dire ‘lanzichenecchi’, il termine usato da Alain Elkann? Questi ultimi sono stati soldati di ventura, mercenari, distruttori, responsabili del Sacco di Roma. Dei lanzichenecchi ne ha parlato anche Alessandro Manzoni nella sua opera ‘I promessi sposi‘. Insomma parlare di ragazze, di conquiste amorose, di appuntamenti al night, così come essere vestiti con cappelli da baseball, pantaloncini e maglietta, per Elkann sono stati dei ‘peccati’. Ma il più grande, forse, quei ragazzi l’hanno commesso nel non riconoscere lo scrittore.
I meme e la ‘gogna’ social
C’è da dire che l’articolo scritto da Elkann ha generato la classica ‘gogna’ social. Certo, molto ironica in questo caso ma comunque volta a marcare una sorta di ‘classismo’ espresso dallo scrittore. Non sono mancati anche dei richiami, legati sia all’appartenenza famigliare dell’autore, che a suoi errori di scrittura relativi a pubblicazioni passate. Sulla vicenda il Comitato di redazione (Cdr) di La Repubblica ha diramato un comunicato dissociandosi da quanto pubblicato sul quotidiano: “Care colleghe e cari colleghi, questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà. Buon lavoro“.