La conferenza stampa
I 19 miliardi della terza rata del Pnrr congelati, Schlein: “Meloni spieghi perché”
Il ministro ostenta ottimismo: “Modificati 10 obiettivi sui 27 per la quarta rata”.
Politica - di David Romoli
Nella conferenza stampa al termine della cabina di regia sul Pnrr il ministro Fitto ripete una decina di volte il termine “positivamente”. Positivo è soprattutto il nuovo metodo praticato con la quarta rata del Pnrr. Vale 16 mld da erogarsi a raggiungimento certificato di 27 obiettivi ed è in acque ancora alte. La novità è che stavolta le modifiche sono state apportate prima di chiedere la rata, “tutta e non solo una parte”, sulla base di una interlocuzione preventiva con la Commissione europea. Dieci obiettivi sono stati modificati, alcuni in superficie, altri in modo decisamente radicale.
La cabina è stata convocata proprio perché è appena arrivato il semaforo verde di Bruxelles a quelle 10 proposte di modifica: “Oggi le abbiamo approvate e le presenteremo alla Commissione”. Poi si passerà a chiedere formalmente la rata. Ma attenzione a dire che si stanno sforando i tempi: “E’ stata fatta molta confusione: le regole prevedono solo due richieste all’anno. La data del 30 giugno ha valore puramente indicativo e comunque vorrà dire qualcosa che solo tre Paesi abbiano già chiesto la terza rata e quando avremo chiesto anche la quarta saremo gli unici ad averlo fatto. Se noi siamo in ritardo che dire degli altri?”.
L’autodifesa appassionata è comprensibile, il nuovo metodo deciso con Bruxelles promette certamente di rivelarsi più veloce: “Avendo deciso le modifiche prima il percorso diventa molto meno lungo”. Il punto debole è che “meno lungo” può non voler dire breve. Il ministro non se la sente di garantire che la quarta rata sarà erogata entro il 31 dicembre, termine di un certo peso perché quei miliardi figurano nel bilancio di quest’anno e se arrivassero l’anno prossimo bisognerebbe scervellarsi per trovarli da qualche altra parte. E’ auspicabile, forse anche probabile, ma sicuro proprio no: “Intendiamoci, aver concordato le modifiche prima non vuol dire che non debbano essere fatte le verifiche del caso”. I tempi restano un’incognita.
Non dovrebbero essere un’incognita gli altri 19 mld in sospeso, quelli della terza rata. Si stanno facendo tutte le verifiche e nessuno più del governo italiano è convinto che ciò sia “molto positivo”. Però quei miliardi stanno nel congelatore dal 28 febbraio e la spiegazione addotta dal commissario Gentiloni, il fatto cioè che trattandosi della rata di fine anno 2022 servivano 6 mesi invece dei soliti 2, sa un bel po’ di alibi abborracciato alla bell’e meglio. Di certo sino a due giorni fa non ne aveva mai parlato nessuno, pur essendo stato l’argomento oggetto di numerose comunicazioni sia dal governo italiano che della Commissione. Più circostanziate suonano pertanto altre parole spese dal commissario italiano: “Posso dirvi che la Commissione non procederà mai a un esborso se non saranno raggiunti gli obiettivi. Stiamo facendo questa valutazione molto approfondita e penso che l’esercizio si concluderà tra breve”.
Magari è davvero la volta buona, prima o poi quella rata arriverà ma è un fatto che espressioni come “tra breve”, o “questione di giorni” vengano ripetute senza posa dalla fine di aprile, al termine del secondo mese di proroga ufficiale chiesta dalla Commissione. Nuove proroghe ufficiali non sono più state chieste ma di mesi ne sono passati altri due e mezzo. Il problema non è tanto l’arrivo o meno di quei 19 mld: entreranno comunque entro l’anno, in tempo per non provocare buchi nel bilancio. Ma è il segnale di una marcia che procede a rilento e incespicando quasi a ogni passo. Il ministro mitraglia giustificazioni una via l’altra, e non tutte campate per aria: ovvio che tempi di realizzazione e verifiche siano più lunghi per chi ha chiesto tra una cosa e l’altra circa 250 mld e chi, come la Germania, si è accontentata di un decimo di quella cifra.
La terza rata, ben 55 obiettivi, era anche la prima nella quale non fossero in ballo solo leggi da varare ma anche opere da edificare, ed è tutt’altra cosa. Quegli obiettivi, sia detto senza polemica, li aveva comunque stabiliti il governo precedente. E chi l’ha detto che Gentiloni, quando ha parlato di “differenze nel ritmo di attuazione dei piani che stanno diventando più evidenti” alludesse a noi? “Ha forse detto ‘Italia’? Comunque non ho ancora sentito un riferimento preciso a un ritardo imputabile a noi”. Arrampicarsi su uno specchio sarebbe più semplice.
Proprio al governo addebita infatti quei ritardi Elly Schlein e chiede al governo di riferire in aula: “Meloni si assuma le sue responsabilità e venga a spiegare perché non si è ancora visto un euro della terza rata. Non possiamo perdere questa opportunità storica perché il governo passa il tempo a difendere Santanchè, La Russa e Delmastro”. La segretaria del Pd affronta la questione Pnrr a margine di una richiesta di modifica radicale della delega fiscale, con la maggior tassazione degli extraprofitti e delle rendite, ma di patrimonale, non sia mai, non fa menzione.
Fitto in Parlamento ci sarà comunque il 18 luglio, per la relazione semestrale sul Pnrr: più di questo non intende fare. Non è certo la data dell’ennesimo confronto in Parlamento con l’opposizione a impensierire lui e Meloni. E’ invece il 31 agosto, quando bisognerà presentare alla Commissione europea la proposta di complessiva rimodulazione del Piano. Perché a domanda precisa sulla possibilità di scavallare quella data, ormai vicinissima, grazie al “metodo nuovo” inaugurato ieri Fitto, per una volta, risponde con altrettanta precisione: no, la data limite resta quella.