Lo sbarco degli alleati

“Mincemeat” fu un depistaggio di Fleming, non di Cosa Nostra

Per decenni si raccontò la favola secondo cui le truppe alleate poterono contare sull’appoggio della mafia, in realtà l’accordo tra Washington e i boss era quello di proteggere il porto di New York dalla minaccia del sabotaggio

Editoriali - di David Romoli

9 Luglio 2023 alle 17:30

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“Mincemeat” fu un depistaggio di Fleming, non di Cosa Nostra

In un giorno imprecisato della primavera 1943 una barca di pescatori spagnoli rinvenne un cadavere al largo della costa di Huelva, città spagnola in cui la presenza dei tedeschi era più massiccia. La divisa lo qualificava come maggiore dei Royal Marines britannici.

In una borsa impermeabile legata al polso, i servizi segreti spagnoli, ai quali fu subito consegnata la salma, trovarono e passarono ai tedeschi i documenti dell’uomo: il tesserino del maggiore “William Martin”, lettere della fidanzata e del padre, un sollecito della Lloyd’s Bank ma anche due lettere, una del vicecapo di stato maggiore imperiale Archibald “Archie” Nye indirizzata al generale Alexander, l’altra firmata dall’ammiraglio Mountbatten e diretta al comandante navale alleato nel Mediterraneo ammiraglio Cunningham. Sommando gli elementi contenuti nelle due missive, i tedeschi vennero a sapere che gli Alleati preparavano uno sbarco in Grecia e uno in Sardegna, anche se avrebbero cercato di suggerire ai tedeschi la falsa pista di uno sbarco in Sicilia. Il Reich, di conseguenza, provvedete a sguarnire le difese in Sicilia per rafforzare quelle in Grecia.

Le firme dei due altissimi ufficiali britannici erano vere, la calligrafia era effettivamente la loro. Le lettere invece erano finte. Il cadavere era quello di un senzatetto gallese suicidatosi con il veleno per topi, le cui tracce erano con i mezzi dell’epoca molto difficilmente rintracciabili. L’operazione Mincemeat, “Carne tritata”, era un depistaggio, secondo alcune voci ricorrenti suggerito per primo dall’agente dei servizi segreti e futuro padre di James Bond 007 Ian Fleming, che si distinse effettivamente in guerra proprio per l’abilità nei depistaggi. Nessuno dei quali, comunque, ebbe più successo dell’operazione Mincemeat. Il tranello rese molto più facile lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943.

La decisione di aprire un secondo fronte in Europa, oltre a quello orientale dove si combatteva la ferocissima guerra tra le forze dell’Asse e i sovietici, fu lunga e laboriosa. Stalin insisteva sin dalla fine del 1941, per allentare la pressione tedesca sul fronte russo. La questione fu affrontata sul serio per la prima volta solo nel giugno 1942, nella seconda Conferenza di Washington. Gli americani insistevano per attaccare la Fortezza Europa scegliendo il percorso più breve per arrivare in Germania: lo sbarco nella Francia settentrionale che sarebbe invece arrivato solo due anni dopo, in Normandia. Gli inglesi riuscirono a far prevalere la loro strategia, che prevedeva di anticipare invece l’offensiva in Nord Africa.

Dal 14 al 24 gennaio 1943 Roosevelt e Churchill si incontrarono di nuovo a Casablanca e di nuovo le opzioni del comando Usa e di quello dell’Uk apparirono opposte. Ancora una volta prevalse la visione britannica. Gli americani proposero di concentrare le forze nel Pacifico, il capo di stato maggiore britannico Alan Brooke ribadì la linea secondo cui la Germania doveva essere sconfitta per prima, per poi finire il Giappone. Fu scelta questa strategia, con grande irritazione del capo di stato maggiore americano Marshall, anche perché il Regno Unito aveva già pronti i piani per due operazioni alternative, Husky, cioè lo sbarco in Sicilia, e Brimstone, quello in Sardegna.

L’opzione siciliana era largamente preferibile, dal momento che avrebbe permesso non solo l’apertura di un secondo fronte in Europa ma anche il controllo del Mediterraneo. Churchill, poi, era consapevole di quanto probabile fosse la caduta del fascismo in seguito all’invasione alleata: la debolezza dell’Italia era palese e proprio per questo sia il premier di Londra che il presidente americano sarebbero stati favorevoli a non chiedere la resa incondizionata della potenza minore dell’Asse, per spingere l’Italia alla resa. Stalin avrebbe però interpretato un simile cambiamento degli obiettivi finali come una minaccia diretta contro l’Urss. La richiesta di resa incondizionata restò intatta.

L’operazione Husky fu preceduta da quella denominata Corkscrew, la conquista delle isole di Pantelleria, Lampedusa, Linosa e Lampione. I bombardamenti su Pantelleria iniziarono il 9 maggio: quando gli alleati attaccarono l’isola, l’11 giugno, la guarnigione, pur essendo in grado di resistere, si era già arresa. Lampedusa alzò bandiera bianca, dopo una notte di bombe, il giorno dopo. Gli italiani erano vinti in partenza, demoralizzati, pronti alla resa. A differenza dei tedeschi non si erano fatti ingannare dal depistaggio, erano rimasti convinti che lo sbarco sarebbe stato in Sicilia. Ma sapevano di non essere più in grado di opporsi. In un vertice dei comandi militari il generale Roatta disse senza mezzi termini che gli alleati potevano essere ostacolati ma non fermati. Il capo della marina, ammiraglio Riccardi, chiarì che ogni azione contro la flotta da sbarco era da escludersi. Il comandante generale Guzzoni, dopo la conquista di Pantelleria, chiese ai tedeschi rinforzi. L’ammiraglio Kesselring rifiutò.

Nonostante il tempo inclemente, dopo settimane di bombardamenti sempre più pesanti sulle infrastrutture nell’Italia del Sud, l’Ottava armata britannica agli ordini del generale Montgomery e la Settima armata americana guidata da Patton sbarcarono nell’isola il 10 luglio. Gli inglesi marciarono verso Ragusa, gli americani occuparono subito Gela. Non fu una passeggiata come racconta la leggenda. Dopo lo sbarco i tedeschi si affrettarono a inviare nell’isola le truppe che avevano negato appena pochi giorni prima. Intorno a Catania la battaglia fu durissima. La marcia a tenaglia delle due armate per convergere su Messina richiese 38 giorni di combattimenti a volte strenui.

È vero che la popolazione accolse gli alleati in festa ma non perché, come suggerito da un’altra leggenda storica, questo aveva ordinato la mafia. Solo perché quelle truppe significavano la fine della guerra. Per decenni è stata ripetuta la favola, oggi smentita dagli storici, secondo cui le truppe alleate poterono contare sull’appoggio di Cosa Nostra. In realtà l’accordo tra il governo di Washington e i boss, a partire da Lucky Luciano allora in carcere, ci fu sicuramente ma l’obiettivo era proteggere il porto di New York dalla minaccia del sabotaggio. In cambio di quell’impegno mantenuto, i capi delle Cinque Famiglie in carcere, Luciano incluso, furono liberati e rinviati in Italia, con numerosi altri boss, subito dopo la fine della guerra. La campagna in Sicilia non faceva parte dell’accordo. Cosa Nostra siciliana non si mobilitò. Alcuni boss, tra i quali Calogero Vizzini, furono nominati sindaci ma solo perché considerati “antifascisti” e per l’autorità che esercitavano nei loro paesi.

I tedeschi si resero conto in poco tempo di essere condannati a perdere la Sicilia. Il 26 luglio Berlino decise una “ritirata combattuta” e inviò l’ordine al maresciallo Kesselring a mano, per evitare che gli italiani lo venissero a sapere. La “ritirata combattuta” iniziò il 3 agosto, si concluse il 17 dello stesso mese. L’esercito tedesco riuscì a spostare tutte le truppe dall’altra parte dello Stretto di Messina, evitando di finire accerchiato e imbottigliato. Da questo essenziale punto di vista, lo sbarco non fu un successo.

In compenso in Italia le cose andarono esattamente come aveva previsto Churchill. Lo sbarco diede la spallata a un regime già traballante e a un Mussolini già piegato dalla malattia, l’ulcera che lo faceva soffrire terribilmente, e dalla devastante sconfitta nel Nord Africa. Il 19 luglio Mussolini incontrò Hitler, arrivato apposta in Italia a Feltre. Nel corso di un colloquio tra i più umilianti, in cui il Fuhrer concionò per ore quasi non permettendo all’alleato neppure di parlare, arrivò la notizia del bombardamento alleato su Roma. Il colpo di grazia per il regime.

9 Luglio 2023

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