Lettera a L'Unità
La storia di Ampelio, camminava per chilometri per consegnare l’Unità: “Ne spargeva anche 70 al giorno nelle case dei contadini”
Storie - di Redazione Web
Un tempo reperire un giornale non era semplicissimo. Soprattutto nei paesini abbarbicati sulle montagne. Ma in quei luoghi non era meno importante leggere, informarsi e riflettere. Lo era soprattutto per le comunità rurali. Numerosi i lavoratori che volevano leggere soprattutto l’Unità, “il giornale degli operai e dei contadini fondato da Antonio Gramsci”. Questo lo sapeva bene Ampelio, che quando era più giovane ha trascorso molti anni a camminare su e giù per le montagne, distribuendo l’Unità, per agevolare la lettura anche a chi abitava più lontano. Poi si fermava nella piazza del suo paese, Cavriglia, in provincia di Arezzo, e leggeva la sua amata Unità. Ampelio ora non c’è più, ma il nostro giornale ha piacere a ricordarlo proprio lì, nella piazza del suo paese a leggere l’Unità e a scambiare opinioni di politica con i suoi amici. A raccontare la sua storia, il suo ricordo vivido nei suoi occhi, è Enzo Brogi, che è stato sindaco di Cavriglia. Riportiamo di seguito le sue parole nella lettera che l’ex sindaco ha scritto al nostro giornale.
Ampelio, novantadue anni e un cognome slavo. Il suo babbo arrivò a lavorare nelle miniere di Cavriglia come prigioniero di guerra. Lì trovò l’amore e lì rimase. Ampelio cammina sempre per le campagne attorno al paese appoggiandosi al suo bastone di castagno. Cammina d’inverno e d’estate, portando sempre con sé, un quotidiano. Ogni tanto Ampelio fa una sosta, si siede e apre il giornale. In estate, nell’ora del meriggio, ama fermarsi nella piazzetta del Contento, nome di un vecchio partigiano che andava sempre a sedersi là. Prima c’era soltanto uno spiazzo sterrato dove qualcuno aveva portato delle vecchie seggiole che neppure la notte e le stagioni rimuovevano. Ampelio e Contento quando si incontravano nella piazzetta discutevano di politica. Ampelio preferiva Berlinguer, era convinto del compromesso storico, criticava i governi dell’Est e rifletteva spesso sulla loro spinta propulsiva che si era esaurita.
Contento no, lui diceva di esser comunista e non amava quei revisionismi. E poi rimproverava sempre Ampelio di non esser salito sulle montagne, come aveva fatto lui, per combattere i fascisti. Contento adesso non c’è più, se l’è portato via anni fa un cancro. «Polmoni spappolati», sentenziò il chirurgo. Certo, con tutte quelle sigarette che fumava. Quando lo incontravi ti colpivano subito le dita gialle e abbruciacchiate. Sessant’anni di sigarette almeno, dicono tutti. In quello spiazzo, il sindaco ha voluto fare un giardinetto che porta il suo nome, una bella terrazza sul Valdarno. Ampelio quando si ferma nella piazzetta del Contento trova ancora, qualche volta, con chi parlare di politica. Eh, ma non si parla più di Moro, Berlinguer, Di Vittorio. Ora, a Cavriglia, quei nomi sono vie e piazze. Per qualcuno, per i più giovani, sono soltanto quello.
Anche Thomas, suo nipote, non li conosce. Non conosce neppure Pertini. «Per forza», pensa sempre Ampelio, «con quel nome che i suoi genitori gli hanno messo, cosa vuoi che conosca!». «Adesso tutto è cambiato. Valori, ideali, tutto confuso, tutto spento. L’unica cosa che sanno tenere acceso è il telefonino. Thomas non si scolla da lì. Almeno leggesse un po’ il giornale», bofonchia a volte Ampelio, come a lui aveva insegnato a fare al suo babbo. Ma ora non si diffonde più l’Unità nelle case. Quanti chilometri faceva Ampelio la domenica! Diffondeva anche settanta copie. Lui, che amava camminare, consegnava l’Unità nelle case sparse, le case dei contadini. Quando pensa a questo, Ampelio diventa triste, si alza e riparte. Ieri mattina si è svegliato presto per camminare un po’, prima che il caldo glielo impedisse. La panchina più vicina è quella sotto il vecchio leccio in via Bigiandi, il primo sindaco di Cavriglia: minatore e deputato. Ampelio si siede e apre il giornale. Il suo bastone di castagno accanto. Ieri lo hanno trovato lì, verso le undici.