Giletti, Baiardo e le bombe

Indagine su Non è l’Arena, i Pm interrogano pure Cairo

I magistrati fiorentini gli chiederanno perché ha chiuso in anticipo “Non è l’Arena”. Le tentano tutte per tenere in vita la loro indagine eterna...

Giustizia - di Tiziana Maiolo

21 Giugno 2023 alle 16:00

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Indagine su Non è l’Arena, i Pm interrogano pure Cairo

Urbano Cairo davanti ai pubblici ministeri di Firenze. A parlare di stragi, come fosse cosa normale, come non fossero passati trent’anni da quelle bombe disseminate tra Milano Firenze e Roma nel 1993, come non si conoscessero già i responsabili, processati e condannati. L’editore di Corriere della sera e La 7 sarà interrogato (o forse lo è già stato, alla chetichella), nella veste di persona informata dei fatti. Formalmente un testimone, senza avvocato quindi.

Nudo e inerme di fronte alla forza dello Stato, rappresentato dai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco, che gli chiederanno conto di una sua scelta editoriale, cioè di aver anticipato di un mese la sospensione del programma “Non è l’arena”, condotto da Massimo Giletti. Il contratto del presentatore era in scadenza a luglio, inoltre la trasmissione era molto costosa e il bilancio decisamente in perdita. Quindi si è deciso di anticiparne la chiusura e di risparmiare qualche centinaio di migliaia di euro. Questa la spiegazione dell’azienda del 13 aprile scorso, alla vigilia della puntata numero 195. Si chiama libero mercato.

Un concetto forse estraneo a qualche burocrate che ha solo vinto un concorso. Infatti, che cosa potrebbe mai spiegare un imprenditore sulle ragioni di una scelta di tipo economico? Potrebbe solo dire quel che ha già detto a chi glielo ha chiesto: la decisione è stata aziendale, non siamo abituati a ricevere suggerimenti e nessuno ci ha chiesto di “mettere a tacere” Massimo Giletti. Del resto la notizia non avrebbe meritato più di, come si dice in gergo giornalistico, una breve in cronaca, non fosse che esistono due o tre quotidiani italiani che si nutrono di trasmissioni che sembrano tribunali del popolo, e “Non è l’arena” era una di quelle.

Quello che stupisce è il comportamento dei magistrati della Procura di Firenze. Hanno sempre mostrato molta sicurezza sulla propria ipotesi accusatoria nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come mandanti delle bombe. E questo nonostante quattro precedenti inchieste sullo stesso tema fossero state archiviate. Pure, questo fascicolo viene continuamente rinnovato e arricchito, come un elastico che alternativamente si tende e si rilascia ma non trova mai un suo punto di equilibrio. Si ha la sensazione che si sia capovolta la prassi che vede i giornalisti come utilizzatori finali dei verbali secretati delle Procure. Pare oggi che siano i magistrati ad andare a rimorchio delle notizie (o non notizie) di stampa a Tv. Il che fa pensare che, se non ci fossero stati i nutrimenti di qualche quotidiano o di trasmissioni come quella di Giletti o “Report” di Rai 3, il 31 dicembre del 2022, ultima scadenza prevista dell’inchiesta, avremmo assistito alla quinta archiviazione, su richiesta degli stessi pm Tescaroli e Turco.

Ma è comparso il gelataio Salvatore Baiardo e ha messo un po’ di carne al fuoco. Alla maniera sua, ovviamente, un po’ mafioso un po’ giocoliere, carta vince carta perde. Da quando gli ha mostrato, da lontano e in penombra, una foto in cui il conduttore tv ha ritenuto di riconoscere un Silvio Berlusconi più giovane, Massimo Giletti non ha più avuto pace: interrogato tre volte dai pm fiorentini, e due volte spiato e teleripreso mentre si incontrava con Baiardo a Roma per preparare le sue trasmissioni. La foto, qualora esistesse, mostrerebbe il fondatore di Forza Italia, intorno al 1992, con il generale Delfino dei carabinieri e Giuseppe Graviano. Sarebbe una “prova” del rapporto tra Berlusconi e un mafioso condannato per strage.

Un mafioso che oltre a tutto, anche lui con metodi un po’ da piccolo truffatore, continua a rivendicare un presunto credito di famiglia, in quanto il nonno avrebbe finanziato la nascita di Fininvest. Naturalmente non c’ è nessuna prova che possa attestare questa “verità”, e casualmente tutti coloro che potrebbero testimoniarla sono morti. Berlusconi compreso, a questo punto. E il ricatto, cui però l’ex presidente del consiglio si è sempre sottratto mostrando indifferenza, non vale più. Perché dunque avrebbe chiesto a Cairo (questo vorrebbero sentirsi dire i pm) di bloccare la trasmissione?

Intanto gli stessi magistrati hanno fatto perquisire la casa di Baiardo, ovviamente la foto non è saltata fuori, e hanno cercato anche di farlo arrestare. E’ stato così che abbiamo scoperto il fatto che anche a Firenze, non solo a Berlino, esiste un giudice. Il quale non ha accolto la richiesta, forse ritenendola solo un mezzuccio per fare pressione su Baiardo per fargli dire la verità. Ma il gelataio ha già usato altri mezzi di comunicazione, come Tik Tok, per ritrattare tutto. Nel frattempo però si fa avanti anche “Report” del 23 maggio a rivendicare che in un’intervista rilasciata al giornalista Paolo Mondani mesi prima e registrata con telecamera nascosta, Baiardo aveva parlato della foto, anzi aveva rilanciato citandone tre. Che nessuno ha mai visto, ovviamente.

L’indomani sarà ancora Tik Tok a ospitare la smentita indignata del gelataio. Che continua a minacciare, non si sa bene chi, con l’uscita di un libro, di cui per ora non c’è traccia. Quello che continuiamo a domandarci, visto che c’è un giudice a Firenze, è perché non chieda conto a questi pm di questo uso così disinvolto dell’indagine eterna per fatti di trent’anni fa, tra una proroga e l’altra, senza uno straccio di prova, ormai al servizio di qualche trasmissione pruriginosa.

 

21 Giugno 2023

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