Gpa e reato "universale"
Gestazione per altri e reato “universale”, Meloni avrà detto a Musk che è un ladro di bambini?
Meloni quando l’altro giorno ha abbracciato il capo di Twitter, padre grazie alla Gpa, gli avrà sussurrato: ringrazia di non essere italiano, sennò ti arresterei
Politica - di Marco Grimaldi
Ho visto qualche giorno fa la presidente Meloni abbracciare Elon Musk, da due anni padre grazie alla gestazione per altri (gpa). Gli avrà sussurrato nell’orecchio: «Sei un ladro di bambini, ringrazia di non essere italiano, altrimenti ti farei arrestare!». L’ipocrisia è il fondo bruno di questa discussione. L’onorevole Varchi, di Fratelli d’Italia, ha parlato a Montecitorio in Aula di un’azione nell’interesse principale del minore, in nome del quale le relazioni di genitorialità seguite a percorsi di gpa andrebbero verificate.
Ha parlato di tutela della libertà e della dignità delle donne, di maternità soggiogata a forme di compravendita. La collega Aliprandi, anche lei Fratelli d’Italia, ha rincarato: dobbiamo forse discutere se sia reato acquistare un altro essere umano nel mercato internazionale?
Sgombriamo subito il campo da tante falsità. Qui ai bambini già nati o nascituri si sta dicendo che sono figli di un “reato universale”, contro ogni principio di protezione del nato, che la nostra legislazione sancisce e che la Corte Costituzionale ha ribadito (sentenza n. 33/2021). Con una legge irragionevole, a rischio di incostituzionalità, ma anche inapplicabile, i tribunali saranno impegnati per anni finché non verrà cancellata, nel frattempo bambini e bambine potrebbero essere allontanati dalle loro famiglie.
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Quindi sia chiaro che i minori, i figli, sono invisibili per chi ha scritto questa proposta. Una proposta che chiede una deroga al principio di territorialità, secondo il quale il diritto penale italiano è applicabile solo entro i confini dello Stato, accostando la gestazione per altri a delitti contro la personalità dello Stato, genocidio, terrorismo, o crimini punibili con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore a tre anni. Un abominio giuridico e un totale misconoscimento degli ordinamenti giuridici di tanti Paesi, i cui sistemi sono perfettamente democratici e non lesivi dei diritti individuali fondamentali, dove la pratica è legale e normata.
Il fatto è che il senso esclusivo di tutta questa discussione è non aprire un dibattito parlamentare sul riconoscimento di diritti per i figli delle coppie omogenitoriali. Di tutti e tutte loro, non certo solo di quelli nati grazie alla gestazione per altri. Non parlare di adozione per i single o le coppie omosessuali. In questi giorni ho ricevuto lettere bellissime, piene d’amore ma anche di angoscia. C’è chi, unito civilmente e coppia da 20 anni, sperava di diventare genitore adottando, ma in Italia può essere solo “specifica formazione sociale”, a cui l’adozione è negata. Uomini che in nessun modo avrebbero mai voluto sfruttare una donna, la sua povertà o la sua disperazione. Venuti a conoscenza della gestazione per altri in Canada, sono entrati in contatto con una donna che, in totale libertà e autodeterminazione, ha deciso di aiutarli a diventare papà.
C’è chi è una donna sola, che a causa di un tumore non potrà avere figli, ma anche in questo caso, non essendo più in coppia, non può adottare, perché lo Stato pensa che un bambino cresca meglio in un istituto che non a fianco a un genitore single o a una coppia dello stesso sesso. Tutte e tutti loro vorrebbero solo essere genitori, non criminali. La verità è che la destra si è sentita minoranza nel Paese dopo le piazze arcobaleno piene di persone lgbtq+ e non, che chiedevano gli stessi diritti per tutte e tutti: matrimonio egualitario, adozioni, riconoscimento dei figli alla nascita, trascrizioni, procreazione medicalmente assistita per donne single e coppie di donne. L’unico modo di uscirne? Trasformare le minoranze a cui si negano diritti in colpevoli. Come si fa spesso con le vittime, con chi è oppresso, escluso, emarginato, pur di non concedere nulla. Questa è la peggiore legge omotransfobica della storia italiana.
Chi mi conosce sa che sono un inguaribile ottimista. Desideri umani e movimenti di liberazione che hanno fatto tanta strada per trovare spazio e affermare la loro voce non si fermeranno certo di fronte a questa offensiva. Ecco perché non ho esitato a depositare il progetto di legge elaborato a partire dalla proposta di Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, per riconoscere ai genitori dello stesso sesso i diritti propri e quelli dei loro bambini e bambine. Tutto questo un giorno arriverà anche qui, in quella che oggi sembra purtroppo una periferia della civiltà. Ma la proposta Varchi c’entra pochissimo anche con la dignità delle donne, in particolare con la loro autodeterminazione. Secondo la ministra Roccella «la maternità surrogata in Italia è proibita e bisogna chiamarla col suo nome: utero in affitto».
Rispondo con parole della mia amica e compagna Michela Murgia: la gestazione per altri non si può chiamare né “utero in affitto” né “maternità surrogata”, perché gravidanza non è maternità. Queste parole risalgono a ben 7 anni fa, quando la stessa discussione – esattamente come oggi – inquinò il dibattito sulle unioni civili, affossando la stepchild adoption. Non basta restare incinte per parlare di maternità e la legge oggi lo riconosce. A che prezzo però: per secoli le donne sono state madri per forza. Sono state proprio le lotte femministe a imporre di ripensare la maternità e definire madre solo colei che sceglie di esserlo.
La mistica deterministica del “sangue del sangue” mette in discussione non solo l’ipotesi della surrogazione gestazionale, ma anche l’aborto, la fecondazione assistita, la possibilità di rinunciare alla responsabilità genitoriale, per non dire dell’adozione, che sarebbe degradata a maternità di serie B. Una legge che metta delle regole alla gestazione per altri, per proteggere le donne da forme di sfruttamento e mercificazione, è molto più urgente di una legge che impedisca la gpa. Una legge sulla gravidanza per altri solidale, che garantisca i diritti di tutti i soggetti coinvolti in un percorso trasparente e normato. Sono tante le donne che lo farebbero per un’amica, una coppia di amici, o semplicemente per qualcuno che ne ha bisogno, per generosità ed empatia.
Non vogliono leggi che neghino loro di farlo, che neghino uno slancio solidale, o un gesto di amicizia, o di amore. Sarebbe bello poter discutere di tutto questo. So che un giorno lo faremo anche noi. Ma oggi discutiamo di un’altra cosa. Di genitori che hanno agito o agirebbero dove nessuno li considera criminali e chiedono solo di essere riconosciuti come genitori dei propri figli. La destra parla di famiglia, festeggia la natalità. Ma essere a favore della natalità significa non opporre ostacoli a persone che sono famiglia e che desiderano essere genitori. E il desiderio di prendersi cura di un’altra persona non ha niente a che fare con l’orientamento sessuale. Ha a che fare con l’amore, con la responsabilità, con l’altruismo.
Come può esserci egoismo in chi decide di dedicarsi anima e corpo alla vita di qualcun altro? E qual è la differenza tra questi bambini e tutti gli altri? Forse, solo quella di essere stati incredibilmente desiderati. Come possiamo condannarli al bando, all’allontanamento, alla disgregazione della loro famiglia, allo stigma sociale che li vedrebbe figli di un crimine? Dicono di voler proteggere i bambini, di voler tutelare le donne dallo sfruttamento, ampliare i reati internazionali nel segno del nostro diritto penale. Nelle stesse ore, però, si santifica e beatifica chi fece rilasciare la presunta nipote di Mubarak e organizzava cene galanti con minorenni, mentre si mette sotto processo chi vuole solo essere chiamato “famiglia”.