L'arroganza senza limiti
Nordio fa scaricabarile sulla pelle della democrazia
Giustizia - di Franco Corleone
Il 17 maggio durante il question time è andata in scena alla Camera dei deputati la manifestazione più clamorosa della crisi della democrazia e della arroganza senza limiti del Governo. Il ministro Nordio, sedicente liberale e garantista, era chiamato a rispondere a una domanda del deputato Riccardo Magi, segretario di +Europa volta a conoscere quali pretesi adeguamenti tecnologici siano richiesti dal ministero della Giustizia per attivare la piattaforma digitale per la raccolta delle firme per la sottoscrizione di richieste di referendum e di leggi di iniziativa popolare. Infatti il 17 marzo a una interrogazione urgente sullo stesso tema la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro aveva attribuito la responsabilità di un ulteriore ritardo di 4/5 mesi rispetto a quello già realizzato di più di un anno proprio al ministero della Giustizia.
Carlo Nordio, non consapevole della rilevanza politica della questione ha letto una nota risibile e umoristica predisposta dagli uffici del gabinetto, per comunicare “le novità, in sintesi” che possono essere riassunte così: ne parliamo tra dodici mesi, alla faccia della legge, del diritto e dei diritti dei cittadini. Senza pudore ha comunicato a un attonito Magi che il 5 maggio (Ei fu, siccome immobile…) era stato sottoscritto “un accordo senza oneri, tra il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Dipartimento per la transizione digitale del Ministero della Giustizia per la definizione degli impegni e l’attuazione delle attività progettuali volte al completamento e alla successiva attivazione e al contestuale passaggio delle competenze relative alla gestione della piattaforma dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero della Giustizia attraverso una apposita convenzione”. Questo gioco di scaricabarile si sostanzia nella costituzione di un gruppo di lavoro che magicamente nelle parole di Nordio si trasforma in un piano di lavoro per realizzare “tutte le attività volte a implementare gli interventi necessari (quali?) a garantire la conformità della piattaforma alle disposizioni normative vigenti”.
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In un crescendo rossiniano il buon Nordio ha concluso trionfalmente: Una volta che le parti avranno attestato congiuntamente l’integrale adempimento delle attività previste dall’accordo sottoscritto nel maggio scorso, il 5 maggio scorso, la piattaforma sarà trasferita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al nostro Ministero mediante sottoscrizione di apposita convenzione, e SOLO ALLORA il Ministero della Giustizia sarà individuato quale gestore della piattaforma ai sensi del DPCM del 9 settembre 2022. Dalla lettura di questa prosa che definire burocratica sarebbe un complimento, si arguisce che la Piattaforma referendum esiste ma essendo considerata una patata bollente viene passata da un dipartimento all’altro, tutti titolati ovviamente del riferimento al mitico digitale.
Nella risposta Riccardo Magi, sconcertato e allibito, ha ridicolizzato la pretesa di un anno di tempo per rendere operativa una infrastruttura digitale pubblica, assai semplice e soprattutto violando i termini della legge n. 178, nata nel dicembre 2020 (modificata dal decreto legge del maggio 2021, n. 77) che istituiva un fondo apposito per la raccolta delle firme digitali tramite l’identificazione SPID. Oltretutto il Governo in precedenza aveva affermato che nel 2021 era stata realizzata “nei tempi previsti” una versione consona della piattaforma, completando il test di applicazione. E allora che cosa è successo? Sarebbe davvero riduttivo attribuire questo balletto a sciatteria o a menefreghismo. Siamo di fronte a un disegno politico, mediocre ma con cui fare i conti.
Il Governo ha deciso di usare tutti i mezzi per boicottare la raccolta di firme per referendum su temi sensibili, di civiltà che si dovrebbero presentare entro fine settembre per votare l’anno prossimo, magari in contemporanea con le elezioni europee. L’obiettivo è chiaro, difendere il potere conquistato grazie a una legge truffa e perseguire il potere autocratico anche con riforme costituzionali, riducendo il parlamento a un orpello decorativo. Il prezzo sarà una sfiducia crescente nelle istituzioni da parte dei cittadini e dei giovani in particolare, espropriati della parola e delle decisioni. Non dimentichiamo che lo straordinario successo della raccolta di firme per il referendum sulla legalizzazione della canapa terrorizzò i sepolcri imbiancati e solo una decisione erronea nelle motivazioni giuridiche della Corte Costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, il dottor sottile per antonomasia, bloccò la rivoluzione gentile e favorì la svolta di regime.
Questa provocazione di Nordio è coerente con il sostegno a una serie di provvedimenti liberticidi, dal decreto antirave a quello antiscafisti, dalla esaltazione dello stato etico e totalitario nel caso Cospito al silenzio pavido di fronte agli annunci della persecuzione delle detenute madri fino alla cancellazione della potestà genitoriale, della modifica del reato di tortura, dell’aggravamento delle pene per i fatti di lieve entità per la detenzione di sostanze stupefacenti e perfino dello stravolgimento dell’art. 27 della Costituzione. E’ la conferma che per molti Parigi val bene una messa.
Per rendere la situazione assolutamente pirandelliana si deve considerare che utilizzando la norma transitoria della legge messa in frigorifero, le firme si possono raccogliere utilizzando una piattaforma privata come è accaduto per il referendum bocciato e recentemente per una legge di iniziativa popolare contro le manovre di Calderoli sulla autonomia differenziata. Il meccanismo è riconosciuto e mette in luce ancora di più la strumentalità da azzeccagarbugli per bloccare la piattaforma pubblica e gratuita. Sperando che il movimento per i diritti non abbia i soldi per attivare gli strumenti di partecipazione popolare. Che succederà ora? Per prima cosa è stata promossa una diffida contro il Governo da parte dell’associazione Coscioni condivisa da altre organizzazioni tra cui La Società della Ragione e Forum Droghe. Non basta, andrà costruita una mobilitazione nonviolenta perché non si tratta di una baruffa goldoniana, ma della sorte della democrazia.