L'anniversario dalla morte

Enzo Tortora, simbolo di malagiustizia più celebre e più dimenticato: 35 anni dopo nulla è cambiato

Giustizia - di Giulio Seminara

19 Maggio 2023 alle 13:30

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Enzo Tortora, simbolo di malagiustizia più celebre e più dimenticato: 35 anni dopo nulla è cambiato

Se il popolo che non ha bisogno di eroi è “beato”, come scriveva Bertolt Brecht, quale popolo è quello che dimentica i suoi martiri? Ce lo chiediamo pensando a Enzo Tortora, volto noto e gentile della Rai diventato suo malgrado, dopo il clamoroso arresto nel 1983 per associazione camorristica e traffico di droga, la più celebre vittima del sistema giudiziario italiano e il leader morale del fronte impegnato per una giustizia finalmente riformata e giusta.

Ieri mattina presso la Sala della Regina della Camera dei deputati, in occasione del trentacinquesimo anniversario della sua prematura scomparsa, dovuta clinicamente a un tumore ma figlia della gogna subita nei quattro anni trascorsi fra l’arresto e l’assoluzione definitiva in Cassazione del 1987, c’è stato un incontro che ha voluto omaggiarne la memoria e rilanciarne la battaglia. Ad ascoltare gli interventi del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, dell’ex ministra Emma Bonino e di Francesca Scopelliti, presidente della Fondazione Internazionale per la Giustizia Enzo Tortora e anima dell’iniziativa, una platea ampia e trasversale: dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, tornato a Palazzo Madama con Fratelli d’Italia, al neopresidente del Cnel Renato Brunetta, passando per i renziani Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto, il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova e il leghista Claudio Borghi. Un ampio parterre politico che, se adeguatamente motivato, potrebbe davvero invertire l’inerzia che da tempo attanaglia il legislatore sui temi della giustizia.

Maliziosamente si fa notare a Scopelliti che mancano esponenti del Movimento 5 Stelle, “non mi ricordo neanche se li ho invitati” sibila con onestà l’ultima compagna di vita di Tortora, ormai quasi quarant’anni passati “a fare in modo che gli italiani non si scordino di Enzo”, anche come senatrice, e “a portare avanti in suo nome la battaglia per una giustizia giusta”. Già, memoria e battaglia. Ma come procedono queste due sfide? Il rischio che la straordinaria vicenda umana e giudiziaria di Enzo Tortora sparisca dall’immaginario collettivo italiano c’è, dato l’alto numero di giovani che ignorano il caso, in assenza di alcun riferimento nei percorsi di studi scolastici.

In tal senso va l’impegno del Teatro della Cooperativa di Milano che in questi mesi ha portato in scena Nell’occhio del labirinto, apologia di Enzo Tortora, un intenso monologo che unisce il lato emotivo e quello politico della vicenda con uno stile ora drammatico, ora grottesco, come d’altronde la storia raccontata. Ieri alla Camera c’è stata una rappresentazione dello spettacolo e nella sua prova d’attore Simone Tudda, restituisce i due principali sentimenti provati allora da Tortora: incredulità e orgoglio. L’incredulità dell’innocente tra i flash dei fotografi già appostati davanti il Plaza nella notte dell’arresto, la sorpresa di un uomo perbene improvvisamente ammanettato e insultato dalla folla. L’orgoglio di chi si dimette da europarlamentare per difendersi nel processo, senza immunità, e dice ai giudici “io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi”. Il giovane autore, Chicco Dossi, dice a L’Unità che lo spettacolo piace anche ai “millennial” prima ignari del caso perché “è una storia universale e vale per qualunque tempo. E nessuno resta indifferente rispetto all’uomo Tortora, al suo coraggio”. Poi l’amarezza dell’autore: “Peccato che la sua battaglia sulla giustizia non sia stata vinta, forse perché neanche combattuta”. Tradotto: il sacrificio del martire è stato inutile.

Sul punto nessuno dei politici intervenuti si sottrae, in una sorta di autoflagellazione bipartisan. Per il forzista Mulè oggi in Italia permangono gli stessi orrori patiti da Tortora: “Quasi mille carcerati innocenti all’anno”, “la spettacolarizzazione della giustizia”, “l’uso improprio degli atti giudiziari”, “il degrado delle carceri”. Il bilancio su come la politica in questi decenni si è occupata della giustizia lo fa lui stesso: “Un fallimento”. Emma Bonino racconta la splendida solitudine vissuta da lei, Marco Pannella, Enzo Biagi, Indro Montanelli, Leonardo Sciascia e pochi altri in difesa dell’innocenza di Tortora e la genesi della sua elezione all’Europarlamento del 1984, “era convintissimo”. Per la leader radicale la situazione da allora “è forse peggiorata”, tra “numerosi innocenti in carceri sovraffollate, da tortura”, “nessuna separazione delle carriere dei magistrati” e “una riforma della giustizia necessaria ma ancora da fare”. All’Unità Bonino rivela di essere “pessimista” sulla riforma della giustizia promessa dal governo di Giorgia Meloni, anche perché “il ministro Nordio non lo capisco, sembra ce ne siano due: quello che fa gli editoriali da casa sua e quello che non riesce a fare le cose da Guardasigilli, forse perché la sua maggioranza non è compatta su quei temi”.

A proposito, in platea c’era anche l’ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick, che al nostro giornale affida la sua preoccupazione per una politica “che si è fondamentalmente tirata fuori dal tema giustizia, lasciando divampare lo scontro tra magistrati e avvocati”. Per il giurista oggi c’è bisogno di fare proprio il pensiero del capo dello Stato Sergio Mattarellacultura della giustizia e rispetto della legge”. Ma Flick non rinuncia a un punto polemico: “La vicenda Tortora dimostra le criticità del maxiprocesso, un’iniziativa che rischia di stridere con la Costituzione perché ogni volta affronta direttamente un sistema”.

Ma fino alla fine la domanda rimaneva in testa: il sacrificio di Enzo Tortora è stato utile? La sua lezione è stata dimenticata dagli italiani? Ci ha risposto direttamente Francesca Scopelliti: “Talvolta ho l’impressione di essermi tanto impegnata ma di essere rimasta ferma. La politica non è riuscita a cambiare nulla, anzi il dibattito mi sembra peggiorato. Ai tempi c’era una società civile con un Enzo Biagi o un Piero Angela con cui parlare, oggi il dibattito è più violento, si è ‘travaglizzato’. Quando sento un politico dire ‘io sono come Enzo Tortora’ non mi scandalizzo ma vorrei allora dirgli di impegnarsi davvero per riformare la giustizia. Certamente io non mi arrendo”.

Infine un’apparizione: c’era anche Marco Bellocchio in platea. Gli chiediamo come procedono i lavori per la sua attesa serie sul caso Tortora: “Non voglio parlarne adesso”. Ma le è piaciuto l’incontro di oggi? “Si, molto”. Dopo il successo della sua miniserie Esterno Notte, dedicata al delitto Moro, ci sarebbe proprio bisogno del cinema per rilanciare questa storia e il suo messaggio. Altrimenti il sistema Giustizia rischia di restare dentro un Interno Notte Fonda Perenne.

19 Maggio 2023

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