Gli studi e i dubbi
Le origini del coronavirus, i misteri a 3 anni dalla pandemia: incidente in laboratorio o contagio animale?
Salute - di Carmine Di Niro
Oltre tre anni dopo lo scoppiare della pandemia di Sars-Cov-2, con una situazione globale nettamente migliorata grazie al diffondersi (in realtà in gran parte nel mondo occidentale e nei paesi ricchi) dei vaccini, non sappiamo ancora quali furono le origini del Coronavirus e come ha iniziato a diffondersi il Covid-19 tra gli esseri umani.
Di fatto sulle origini del virus, che al 4 maggio 2023 ha provocato oltre 6 milioni e 800mila vittime nel mondo e 676 milioni di casi accertati, si confrontano da tempo due visioni opposte: da una parte coloro che credono che la pandemia sia stata causata da un incidente in un laboratorio cinese, dall’altra chi riconduce il diffondersi del virus alla teoria del contagio animale.
La prima tesi è stata valutata da diverse agenzie di intelligence, a partire dall’Fbi statunitense. A febbraio 2023 il direttore del Federal Bureau of Investigation Christopher Wray ha dichiarato per la prima volta pubblicamente che la polizia federale americana ritiene che l’origine più probabile della diffusione del coronavirus sia un incidente “in un laboratorio controllato dal governo cinese”, tesi che soprattutto nei primi mesi di diffusioni del virus, quando le “armi” contro di esso erano di fatto inesistenti non essendo stato creato ancora un vaccino, spingeva in particolare le comunità di “complottisti” ad avanzare tali supposizioni.
Le conclusioni dell’Fbi sono simili a quelle del dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, ma altre agenzie di intelligence di Washington non la pensano allo stesso modo e definiscono “deboli” le valutazioni proposte dall’Fbi: lo stesso portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della presidenza degli Stati Uniti John Kirby aveva a stretto giro tentato di calmare le acque sostenendo che non vi siano ancora conclusioni condivise sulle origini del Coronavirus.
Le tesi sull’incidente di laboratorio si sono diffuse anche in “risposta” alle note reticenze del governo cinese a condividere dati sul Coronavirus e sulle sue indagini interne: il regime di Pechino non ha collaborato alle indagini condotte dal personale scientifico dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, e in alcuni casi l’ha anche ostacolate non fornendo dati importanti su quanto accaduto a Wuhan, epicentro del virus dove erano stati identificati i primi casi di Covid-19 tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020.
Una ‘storica’ reticenza che però ha visto un cambio di paradigma ad aprile 2023, quando alcuni ricercatori del Centro cinese per la prevenzione e il controllo delle malattie hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Nature con dati derivanti dalla raccolta di campioni effettuati nei primi giorni del 2020 al mercato del pesce di Wuhan, sottoposti a revisione esterna.
Lì alcune bancarelle vendevano però anche altre specie di mammiferi, spesso vivi e tenuti a stretto contatto in gabbie facilmente accessibili ai clienti: per chi crede nella teoria del contagio animale sarebbe stata questa la circostanza a dare il là alla diffusione del virus.
Secondo i ricercatori cinesi, i campioni raccolti dalle superfici del mercato del pesce di Wuhan contenevano sia tracce di materiale genetico degli animali selvatici venduti al mercato sia tracce di coronavirus: ciò confermerebbe che gli animali venduti al mercato di Wuhan durante le primissime fasi della pandemia erano venuti in contatto col coronavirus. In particolare alcuni campioni poi risultati positivi al coronavirus erano compatibili con materiale genetico riconducibile ad animali particolarmente esposti al contagio, tra cui zibetti e cani procione.
Quest’ultima dettaglio sarebbe l’ulteriore prova che l’origine della pandemia derivi dalla trasmissione del virus dagli animali alle persone. D’altra parte gli stessi ricercato del Centro cinese per la prevenzione e il controllo delle malattie sottolineano che i campioni del mercato di Wuhan “non confermano” che gli animali fossero effettivamente infetti, e che di conseguenza lo studio non offre “prove definitive” per determinare che l’origine della pandemia sia dovuta ad un passaggio tra specie diverse, quello che tecnicamente viene definito “spillover”.
Dunque a oltre tre anni dall’inizio della pandemia vi sono più teorie e ipotesi sull’origine del coronavirus, ma non altrettante prove sufficienti per chiarire con certezza come tutto sia iniziato.