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Quanto fa guadagnare la rabbia: è “rage bait” la parola dell’anno 2025 per l’Oxford, l’ira causata da social e media

FOTO DA PIXABAY

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Come un click bait ma malizioso, produttivo e scafato, finalizzato a suscitare rabbia, intromettere astio e sollecitare l’ira: il tutto per raggiungere i propri obiettivi. È “rage bait” la parola dell’anno secondo l’Oxford University Press. Esca della rabbia. “In una perfetta sintesi del caos del 2025 – e in seguito a un voto pubblico e all’analisi dei nostri esperti linguistici, rage bait è stata incoronata Parola dell’Anno”, di legge in un post dell’editore su Instagram. La parola è stata scelta alla luce dell’esito di una votazione online sul sito web dell’editore.

“Rage bait combina due parole inglesi di lunga durata: ‘rabbia‘ (violento sfogo di rabbia) ed ‘esca‘ (un attraente boccone di cibo). Mentre si trova vicino al clickbait, il suo scopo è più preciso: scatenare rabbia, discordia e polarizzazione. La sua ascesa mostra come l’inglese si adatta facilmente, creando nuovi termini da parti familiari per catturare il mondo in cui viviamo”.

C’entra ancora una volta la tecnologia, ancora una volta i social network, il dibattito capriccioso e litigioso innescato in questi anni. Secondo il dizionario, per “rage bait” si definisce  quindi un contenuto online che tramite elementi e dettagli provocatori e offensivi punta appositamente a scatenare indignazione o rabbia. Strettamente legato a una consapevolezza più raffinata nell’uso di internet, è utilizzato per dividere il pubblico, raggiungere sia una fetta coinvolta che una ignara, sia la parte favorevole che quella contraria. È insomma una maniera per richiamare l’attenzione, farsi notare e aumentare traffico e interazioni di una pagina web o di una piattaforma social.

Non si dovrebbe scadere tuttavia nella trappola, nella deduzione facilona secondo la quale siano i social a scatenare tutto questo: è quello che succede, a pensarci, con qualsiasi talk show politico televisivo tra urlatori, esperti di tutto, opinionisti superficiali o parziali. “Offline, questo fenomeno gioca ora un ruolo importante anche nel plasmare i dibattiti su politica, identità e disinformazione”, ha sottolineato infatti la stessa Oxford University Press.

 

“Il boom del termine mostra quanto siamo diventati consapevoli delle tattiche manipolative che ci coinvolgono online”, ha spiegato Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages. “Internet puntava a catturare l’attenzione; ora mira a influenzare le nostre emozioni”. Lo scopo insomma è far scattare una reazione, polarizzare l’attenzione e le posizioni. “L’indignazione genera engagement, gli algoritmi la amplificano e l’esposizione costante ci lascia esausti”.

Brain rot, “marciume cerebrale”, ovvero il logorio mentale provocato dallo scrollare smisurato e infinito, era stata la parola dell’anno scelta nel 2024 dall’Oxford Dictionary, che da allora ha guadagnato ulteriore notorietà ed è entrata nel gergo social di blogger e giornalisti. Altre parole candidate quest’anno al riconoscimento erano il sostantivo “aura farming” ovvero la creazione di un’immagine attraente e il verbo “biohack”, che indica gli sforzi per migliorare le prestazioni del corpo cambiando dieta o stile di vita o utilizzando dispositivi tecnologici.