X

Meloni ha distrutto il ruolo autonomo dell’Italia nel Mediterraneo: da dove deve ripartire il Campo Largo

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Si avvicinano scadenze elettorali importanti. Tra pochi giorni vanno al voto due importanti regioni del Sud, già governate dal centro sinistra, ci sarà poi, verosimilmente il referendum sulla riforma della giustizia e poi le elezioni politiche. Grava su tutto la possibilità di una riforma elettorale di cui non si colgono ancora né i contorni né la reale fattibilità.

Il quadro internazionale è molto confuso e carico di tensioni che si agitano senza un governo se non la confusa, contraddittoria e per certi versi controproducente azione dell’amministrazione di Trump che comunque ha messo all’angolo l’Europa, l’ha duramente colpita con i dazi. Il governo Meloni si è accodato agli Stati uniti, rinunciando a qualunque ruolo autonomo, in particolare nell’area mediterranea, mettendo il paese in difficoltà, in primo luogo, sul piano economico e finanziario, come ben si vede dalla legge di bilancio in discussione. La convergenza delle ricadute dei dazi, la fine del Pnrr senza nuove prospettive e l’opzione presente nel Def sulle spese militari, limita l’azione del governo sul piano sociale e degli investimenti e apre la strada a nuove prevedibili e forti tensioni sociali. In questo contesto il Pd e il campo largo stanno cercando di trovarsi.

La segretaria Elly Schlein ha fatto un tenace lavoro di tessitura tra le forze di opposizione per costruire una “testarda unità” che sta dimostrando e dimostrerà che il centrosinistra può competere per vincere le elezioni, battere la destra nei territori e nel Paese. Più complesso si sta rivelando – comprensibilmente- il lavoro per dare una prospettiva unitaria sul piano della visione, del programma e direi degli ideali di fondo che, pur nelle diverse storie, devono dare respiro ad una coalizione che si candidi non solo governare ma a cambiare il Paese. Su questo occorre mettere in luce un tema. Il Pd è e deve essere il motore di questa osmosi non solo numerica. Di una unità non solo “testarda” ma anche “intelligente”. O “testarda” perché “intelligente”. Per questo deve agire come un organismo politico, una comunità, un soggetto che cerca, mobilita e trova al suo interno tutte le energie disponibili, favorendo un confronto aperto, favorendo le sintesi e la condivisione di una prospettiva di cambiamento.

Sono molte le questioni: la giustizia fiscale e salariale, il rilancio dei grandi servizi pubblici dalla sanità, alla scuola, alla casa, ai trasporti, alla sicurezza, alle politiche industriali ed energetiche, il governo del territorio, il governo dei suoli, la collocazione internazionale dell’Italia e il suo rapporto con l’Europa e nel mondo. Occorre una discussione negli organismi dirigenti ad ogni livello: centrali e territoriali. Occorre promuovere e favorire una spinta ad un confronto che bilanci la naturale tendenza dei gruppi dirigenti a dislocarsi esclusivamente o quasi sulla base degli umori o delle sensazioni che derivano dalla ricomposizione del quadro delle regole elettorali. In sostanza: se discutessimo da qui ai prossimi mesi sostanzialmente di leadership e di candidature non faremmo un buon servizio a noi, al campo largo agli italiani. Perché questo rischio c’è. Io ho sempre avuto ed ho ancora dopo una lunga esperienza di dirigente politico, il massimo rispetto per il pluralismo interno e anche per quegli aspetti organigrammatici che inevitabilmente ne derivano.

Non mi sfugge (e lo considero dirimente) il tema della leadership della coalizione e della spinta inevitabile alla dislocazione delle forze, delle varie componenti nella prospettiva elettorale. Però mi sento di dire ora che sarebbe sbagliato che il nostro dibattito si sviluppasse tra correnti – vecchie e nuove – che si parlano tra loro, si auto costituiscono e non negli organismi. Questa possibile deriva va scongiurata. Al centro devono sempre stare le cose che devono essere affrontate , discusse e decise tra tutti. Il rilancio di “Rinascita” che Goffredo Bettini con generosità e intelligenza ha immaginato insieme a tante compagne, amiche , compagni e amici e che presenteremo il 22 novembre mattina al Residence di Ripetta a Roma, ha questo scopo. Mettere a disposizione un luogo aperto di dibattito e di confronto sulla sinistra e sulle sfide epocali che le sono davanti. Non è una corrente che chiede o chiederà posti. E’ un “soggetto attivo e critico” che cercherà di mettere davanti a tutti problemi e nodi, offrendo dove possibile delle soluzioni, magari non sempre univoche, sollecitando intelligenze, pensiero, esperienze che sono inerti.

Vogliamo risvegliare riserve democratiche e socialiste, riformiste che sono preziose e possono essere determinanti nelle battaglie che ci attendono. Riserve e forze che nella attuale geografia interna al Pd e al campo largo non trovano luoghi di espressione e di lotta. Ci saranno volti noti e giovani, molti giovani. Vogliamo riscoprire e riattivare la vocazione della sinistra critica e scientifica, l’unica che può svelare i miti di ogni tempo, andare al cuore delle contraddizioni e cercarne sintesi e soluzioni, favorire ideali. “Rinascita” forse, in questo, è il titolo giusto. Per la sua storia ma anche per il futuro