Lo hanno definito l’anima nera del tropicalismo, sicuramente è stato prima di tutto un dei suoi padri – a prescindere dal colore della pelle – di quel movimento che sulle tracce della bossa nova ha reinventato la musica brasiliana ed è diventato uno dei movimenti più conosciuti in tutto il mondo nel corso del Novecento. A primavera tornerà in Italia Gilberto Gil, per due date con una superband d’eccezione composta da figli e nipoti: il 6 aprile 2026 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone a Roma, l’8 aprile all’Alcatraz di Milano. Due appuntamenti che celebreranno oltre 60 anni di carriera in cui si sono fuse tradizione e innovazione. Samba, bossa nova, tropicalismo e influenze internazionali.
Figlio di un medico, nato a Salvador, fin da bambino attratto dalla musica, talmente folgorato dalla musica di João Gilberto che volle imparare a suonare la chitarra. Dopo aver conosciuto Caetano Veloso ed essersi trasferito a San Paolo, il primo album intitolato Louvaçao. È proprio all’interno movimento tropicalista che rivoluzionò tutti i linguaggi artistici che il suo nome cominciò a farsi spazio alla fine degli anni ’60. Il regime militare rispose con l’Alto Institucional Nº 5, il quinto di una serie di decreti che prevedevano tra le altre cose la “proibizione delle attività o delle libertà di espressione su argomenti di natura politica”.
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Fu così che Gil fu costretto a riparare all’estero, a rifugiarsi in esilio a Londra come fece anche Veloso. Alle radici del tropicalismo il cannibalismo professato nel manifesto del poeta José Oswald de Andrade Souza: antropofagismo del meglio di ogni cultura per una decostruzione e una rielaborazione. “Modernizzare è una forma di cannibalismo – diceva in un’intervista a XL di Repubblica lo stesso Gil – se cambiano le istituzioni cambierà anche la musica. È sempre un processo interattivo tra le cose che sono già state affermate e quelle che lottano per esserlo. Non sono ancora stabilite ora, ma lo saranno in un momento successivo. Questo dialogo è permanente, cannibalizziamo e sacralizziamo, sempre”.
Gilberto Gil ritornò in Brasile nel 1972, dopo aver perfezionato la sua tecnica chitarristica e registrato dischi anche in inglese. Recuperò il suo rapporto con la musica brasiliana, la sertaneja e il baião, fondò il gruppo Doces Barbaros con Veloso, Gal Costa e Maria Bethânia, cominciò una collaborazione con il compositore e cantante Jorge Ben Jor. Non ha mai smesso di proporsi come coscienza critica del Brasile moderno, è stato eletto consigliere comunale a Salvador Bahia ed è stato ministro della Cultura alla prima elezione di Lula nel 2003, ha fatto da portavoce a diverse cause umanitarie e ambientaliste. Dischi d’oro, dischi di platino, milioni di copie vendute in tutto il mondo. “Ho sempre saputo che la musica era il mio. E che la musica mi avrebbe fatto conoscere il mondo, e portato a scoprire nuovi territori, perché il mio è sempre stato il linguaggio della terra e del cielo”.
Ha avuto otto figli, tre maschi e cinque femmine, e ha ottenuto la cittadinanza italiana dopo aver sposato Flora Giordano, nipote di italiani, sua terza moglie. Due dei figli avuti con la seconda moglie, Sandra Barreira Gadelha Gil Moreira, sono morti: Pedro Gadelha Gil Moreira in un incidente stradale nel 1990, Preta Maria Gadelha Gil Moreira a causa di un tumore al colon lo scorso luglio. Quest’ultima era anche lei cantante, attrice, conduttrice e attivista, aveva 50 anni. Si era schierata in più occasioni contro la grassofobia, il razzismo, l’omofobia. “Preta é luz, mesmo na dor”, Preta è luce anche nel dolore, la frase del padre ripresa in quei giorni.
“Non fu un genere musicale, la bossa nova lo fu, il samba lo fu, ma il tropicalismo fu un’attitudine – raccontava in un’intervista a OndaRock – un punto di vista sulla cultura, sul cinema, sulla letteratura, sulle arti plastiche, su ogni manifestazione artistica, ma anche sul comportamento: ci sono infatti molti elementi comportamentali in esso. Quel che è rimasto del tropicalismo è appunto questa attitudine, una capacità di apertura, di visione, di libertà, di gusto per la diversità … io credo che questa sia l’eredità del tropicalismo, e ci sono molti artisti, anche recenti, che affermano di essere eredi, di essere seguaci di quella corrente di pensiero e che considerano quel periodo come un riferimento, una radice del loro essere artisti”.
A Gilberto Gil è stato riconosciuto nel 2005 il Premio Italia nel Mondo 2005, “oltre ad essere un artista di rara sensibilità, famoso e amato in tutto il mondo, si è anche rivelato un abile e apprezzato politico”. Attualmente impegnato in “TEMPO REI”, il suo ultimo tour che in Brasile sta registrando il tutto esaurito in ogni tappa, nelle 2 uniche date italiane ripercorrerà la sua lunga e ricca carriera musicale e riproporrà alcuni dei suoi brani più amati, tra cui Aquele Abraço, Toda Menina Baiana, Expresso 2222, Andar com Fé, Drão, Palco e Não Chore Mais. A condividere il palco con lui una superband d’eccezione composta dai figli e nipoti: Bem Gil (voce, chitarra, basso), Jose Gil (voce, batteria), João Gil (voce, chitarra, basso) e Flor Gil (voce, tastiera).
Le date italiane sono prodotte e organizzate da Intersuoni BMU in collaborazione con Bass Culture, i biglietti sono disponibili su Ticketone.it, Ticketmaster, Vivaticket, Dice e nei punti di vendita abituali.