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Senza Francisco Franco, Spagna libera ma ancora divisa: a 50 anni dalla morte, un giovane su 4 favorevole al regime

A bust of Francisco Franco is displayed at the the mausoleum where Francisco Franco is buried during the 50th anniversary of the death of Spanish dictator Gen. Francisco Franco at Mingorrubio Cemetery on the outskirts of Madrid, Spain, Thursday, Nov. 20, 2025. (AP Photo/Manu Fernandez)

A bust of Francisco Franco is displayed at the the mausoleum where Francisco Franco is buried during the 50th anniversary of the death of Spanish dictator Gen. Francisco Franco at Mingorrubio Cemetery on the outskirts of Madrid, Spain, Thursday, Nov. 20, 2025. (AP Photo/Manu Fernandez)

A 50 anni dalla morte di Francisco Franco, il 20 novembre 1975, che segnò la fine dell’ultimo e più lungo regime dittatoriale in Europa, fa discutere e supera i confini della Spagna un sondaggio dell’Istituto 40dB per El Pais e radio Cadena Ser secondo il quale quasi uno spagnolo su quattro tra i giovanissimi intervistati ritiene che un regime non democratico possa essere preferibile in determinate circostanze. Alle celebrazioni governative lanciate con lo slogan “Spagna in libertà – 50 anni”, alcuni gruppi di nostalgici, come i membri della Fundacion Nacional Francisco Franco sulla quale è aperto un procedimento di scioglimento, hanno infatti preparato eventi per commemorare la morte del caudillo.

Franco morì a 82 anni, mentre era ancora in carica. Gallego, generale della Legione Spagnola, fece carriera in Marocco, da dove partì il cosiddetto Alzamiento di alcuni generali nel luglio del 1936 contro il governo di sinistra del Frente Popular. Divenne “Jefe de Estado davanti a Dio e alla Patria” dopo una sanguinosissima Guerra Civile che per tre anni vide scontrarsi e ammazzarsi non soltanto cittadini dello stesso Paese ma anche i rappresentanti dei movimenti che agitavano l’Europa, dove di lì a poco sarebbe esplosa la II Guerra Mondiale.

Già nei primissimi anni di regime si registrarono record di esecuzioni, condanne a morte di oppositori e militanti di sinistra. Alcune stime si spingono fino a 50mila vittime. Aboliti i partiti, i sindacati, perseguitati i movimenti clandestini. Lavori forzati, carcere, confische. La posizione di Madrid cambiò quando da parìa europeo, vecchio alleato della Germania e dell’Italia nazifasciste, sebbene neutrale nel conflitto Mondiale, rientrò nella sfera di influenza Atlantica nel gioco geopolitico tra USA e URSS. Il regime franchista si caratterizzò anche per la vicinanza alla Chiesa cattolica. Non si fermarono mai incarcerazioni, violenze e condanne a morte: secondo una mappa pubblicata appena la settimana scorsa da RTVE, la televisione pubblica spagnola, furono circa seimila le fosse singole e comuni scavate per seppellire oppositori.

Francisco Franco nel 1969 aveva definito la successione con il ritorno della monarchia dei Borbone, nella persona di Juan Carlos, e avva designato un successore, Luis Carrero Blanco, che l’organizzazione terroristica basca dell’ETA uccise in un attentato. Morì dopo una lunga malattia, i suoi resti sono stati rimossi dalla Valle de los Caídos, l’enorme monumento funebre nei pressi di Madrid, solo nel 2019. “In questo 20 novembre celebriamo l’inizio della trasformazione che ci ha convertito nella democrazia piena e prospera che siamo oggi”, il messaggio su X del premier spagnolo Pedro Sanchez. “Celebriamo il poter dire la nostra opinione, pensare, votare ed essere ciò che vogliamo essere. La democrazia è il nostro potere. Difendiamola”, ha aggiunto nel suo posto con un video che elencava le libertà della cittadinanza senza il regime.

 

E ora, i dati che stanno facendo discutere, a partire dal rilevamento effettuato su un campione di 2000 persone rappresentativo della popolazione fra il 24 e il 26 ottobre: innanzitutto un ampio 74% ritiene la democrazia “preferibile a qualsiasi altra forma di governo”. Tra i giovani spagnoli però quasi uno su quattro (23,6%) nella Generazione Z (18-28 anni) e oltre un quinto dei giovani millennials (22,9% tra i 29-44 anni) ritiene che un regime non democratico possa essere preferibile in determinate circostanze. Quasi il 55% invece giudica male o molto male il regime.

Altri dati fanno discutere sull’estrema ignoranza di alcuni intervistati: per esempio quasi la metà dei giovani non sapeva come fosse morto Federico Garcia Lorca, poeta e scrittore, protagonista della Generazione del 27, ucciso e buttato in una fossa comune durante la guerra civile. Circa il 20% non sa collocare precisamente nel tempo il periodo del regime. Nessuna sorpresa nei giudizi di parte: solo il 27% degli elettori di Vox, il partito di estrema destra, nostalgico e vicino alla premier italiana Giorgia Meloni, sostiene che il regime iniziò con “un colpo di Stato di Franco contro un governo legittimo”, quello della Repubblica, e lo scoppio della Guerra Civile. E un 42% nello stesso campione giudica positivamente il regime, il 20% degli intervistati nel Partido Popular. Anche una questione di genere, il regime franchista, con le donne di tutte le generazioni che tendono a giudicare più negativamente il franchismo rispetto agli uomini.

È nell’area dell’uguaglianza di genere e delle libertà civili, il 68%, che il franchismo viene percepito come più dannoso, soltanto il 34% ritiene che il regime abbia avuto un impatto positivo sull’economia. La ferita del regime franchista così come quella della Guerra Civile è insomma tutt’ora ancora aperta, il passato genera ancora divisioni: la sinistra è per esempio favorevole ad aprire le fosse comuni e a rimuovere i simboli franchisti mentre il 72% degli intervistati considera “poco o nulla necessario” commemorare il 50esimo anniversario dalla fine del regime.