Per quanto si possa darli per spacciati, li trovi sempre lì, lì nel mezzo, o sulla fascia, o insomma da quelle parti. Passano gli anni e le stagioni, le sessioni di calciomercato o le aste del Fantacalcio, ma niente: non se ne vanno, in qualche modo resistono. Li chiameremmo i “resilienti” se la definizione non fosse stata così abusata in questi anni, arrivando a comparire persino nel piano che dovrebbe salvare l’economia dell’Europa. Ma alla fine quello sono. Calciatori, allenatori, altri attori del mondo del pallone messi in discussione una volta sì e un’altra pure, a volte gratuitamente, a volte a ragione, che però non mollano. E li trovi sempre lì, a dirlo con i piedi e con il fiato: eh già, io sono ancora qua, come canta Vasco Rossi. Questa rubrica è dedicata e ispirata a loro.
A 24 anni appena, un paio di passaggi a vuoto, o non proprio riusciti, e tutto è già compromesso, precluso. A Moise Kean era successa qualcosa del genere. Sembrava potesse essere il nuovo volto del calcio italiano: precoce, fisicamente devastante, opportunista, spietato come un’attaccante dev’essere, dal carattere spericolato – che non guasta mai, a livello di notorietà. E però poi era diventato il “nuovo Balotelli” per i giornali, niente gol, male le prestazioni. Kean si era perso: era diventato quello che alla presentazione non trovava mai il bersaglio dei gonfiabili al Viola Park – ma solo per far vincere i bambini, aveva spiegato la società.
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Assurdo, ma le sue prime prestazioni, con la maglietta della Juventus, allora dominante in Serie A, risalgono a otto anni fa. Era cresciuto a giocare in oratorio prima di passare all’Asti. Quindi il Torino, allora la Juventus. Alla sua terza partita in Campionato divenne il primo calciatore nato nel 2000 a segnare in uno dei cinque campionati top in Europa. L’anno all’Hellas Verona prima di tornare alla Juve: sei gol nella seconda parte della stagione. Segnava in tutti i luoghi, in tutti i laghi. E a Cagliari quell’esultanza a mani aperte verso gli insulti razzisti dei tifosi. Anche questo era Kean, con le sue origini ivoriane: una nuova Italia.
Per niente azzeccato il passaggio all’Everton, nel 2019. Due gol in 31 partite. Al Paris Saint Germain invece 17 gol in 41 partite tra tutte le competizioni: passaggio riuscito a metà, per niente da buttare ma a Parigi, nella squadra delle stelle, non poteva esserci futuro. Alla Juventus aveva ritrovato Massimiliano Allegri ma anche una Juventus completamente diversa. E lui che veniva dirottato dal centro dell’attacco alla fascia fino alla panchina. Zero gol in 20 partite nella stagione 2023/2024.
A Firenze gli hanno offerto la continuità, la centralità che non avrebbe avuto altrove. Ci è arrivato per 13 milioni più cinque di bonus. L’allenatore Raffaele Palladino prova a sfruttarne ogni capacità, che partono sempre da un dato fisico eccezionale. A Kean chiede di venire incontro, proteggere la palla, di giocare spalle alla porta ma anche di attaccare la profondità. E Kean, che potenzialmente può fare tutte queste cose, ha ritrovato anche il feeling con la Nazionale: gol contro Israele – non gli succedeva da tre anni – e considerazione da parte di Luciano Spalletti.
Non può essere come otto anni fa: quando si parlava senza messi termini di un fenomeno, di un talento – e con quei numeri, a quell’età, era più che legittimo – ma a Firenze sembra essersi rigenerato. Contro la Roma, pronti via e scambio di tacco con Beltrán, che gliel’ha restituita di nuovo, controllo in corsa e buca d’angolo di sinistro. Il secondo facile facile dopo azione personale di Bove. Con la doppietta ai giallorossi sono quattro gol in campionato.
La classifica di Serie A alla nona giornata
La copertina non può che prendersela Inter-Juventus: 4-4 a San Siro. Erano anni che non si vedeva un big match così spettacolare. E a chi parla di erroracci, di difese inguardabili, errori macroscopici: avrete anche ragione ma meglio l’imperfezione delle emozioni, dello spettacolo, che la perfezione dello 0 a 0. Che la Serie A non è la Premier League era già chiaro a tutti. La seconda notizia è che con il pareggio di Milano e la vittoria del Napoli in casa contro il Lecce, gli Azzurri di Antonio Conte sono primi con quattro punti di vantaggio. Ma sarà domani che si comincerà a fare sul serio, contro il Milan a San Siro. I Rossoneri ci arrivano con una partita in meno dopo il rinvio della partita di Bologna. Goleada dell’Atalanta che sembra aver trovato il passo degli ultimi anni, benissimo anche la Lazio. A picco la Roma dopo l’imbarcata di Firenze. Il turno infrasettimanale e poi subito quello successivo del week end faranno tremare panchine.