Nella Giornata internazionale dei migranti, dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea arrivano due storiche sentenze che coinvolgono Frontex, la discussa agenzia europea di sorveglianza delle frontiere.
I giudici del Lussemburgo in un primo caso in esame hanno annullato decisione del Tribunale dell’Ue che aveva respinto la causa intentata nel 2020 contro Frontex da un cittadino siriano, dopo un respingimento sommario effettuato dalle autorità greche nell’isola di Samo.
A denunciare Frontex, che oltre ad essere deputata al controllo delle frontiere terrestri e marittime dell’Unione ha anche l’obbligo di denunciare e cessare la propria attività quando constata che la guardia costiera o terrestre di un Paese membro dell’Unione impedisce l’applicazione del diritto di richiesta di asilo da parte dei migranti entrati nei confini Ue, era stato un richiedente asilo siriano, Alaa Hamoudi. Quest’ultimo il 28 aprile 2020, sbarcato sull’isola greca di Samos con altri 21 rifugiati, era stato respinto in mare mentre due attività di Frontex erano operative e il servizio aereo dell’Agenzia sorvolava l’area dell’isola di Samo. In particolare Hamoudi era riuscito a sbarcare e chiedere aiuto alla popolazione locale per presentare asilo, ma “uomini vestiti in nero” gli confiscarono il telefono e poi lo costrinsero a salire su una zattera e lasciandolo alla deriva in acque turche, dove venne salvato dalla locale guardia costiera il giorno seguente.
A ricostruire la vicenda fu il sito investigativo Bellingcat, mentre la presenza dell’aereo di Frontex sulla scena del respingimento venne accertata pochi mesi dopo da Der Spiegel, accuse ritenute “attendibili” dall’Ufficio antifrode dell’Ue. In un rapporto l’Olaf descrisse la pratica sistematica dei respingimenti nell’Egeo e la complicità di Frontex che, oltre a non segnalare le imbarcazioni, dirottava i proprio stessi velivoli altrove per non farli assistere ai respingimenti e diventarne così testimone.
Hamoudi si era rivolto al Tribunale dell’Unione Europea fornendo le prove del respingimento illegale e chiedendo di ottenere un risarcimento da parte di Frontex per il danno morale subito. I giudici di primo grado avevano però respinto il suo caso, ritenendo che le prove fossero “manifestamente insufficienti” a sostegno delle sue accuse.
Quindi il ricorso contro l’ordinanza dinanzi alla Corte di giustizia Ue, che ha ribaltato il quadro. Secondo i giudici del Lussemburgo il Tribunale “ha leso il diritto del ricorrente ad una tutela giurisdizionale effettiva, non avendo correttamente applicato le regole disciplinanti l’onere della prova e l’acquisizione delle prove nel contesto di un presunto respingimento sommario implicante Frontex”, si legge nelle motivazioni riportate dall’Agi. “Tenuto conto della difficoltà o persino dell’impossibilità per le vittime di un respingimento siffatto di raccogliere prove concludenti di quest’ultimo, nonché del fatto che prove simili possono essere detenute da Frontex – si legge in una nota della Corte Ue – il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva impone di adeguare tale onere della prova. Pertanto, qualora un ricorrente che pretende di essere vittima di un respingimento sommario fornisca elementi sufficientemente dettagliati, specifici e concordanti per costituire un principio di prova, il Tribunale ha l’obbligo di istruire la causa al fine di poter appurare il reale verificarsi di tale respingimento e la presenza del ricorrente in occasione di quest’ultimo”. Nel caso di specie, quindi, il Tribunale avrebbe dovuto adottare delle misure per ottenere da Frontex tutte le informazioni pertinenti di cui dispone. La causa, conclude la nota della Corte Ue, “è stata quindi rinviata al Tribunale, che dovrà statuire nuovamente rispettando il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva”.
La seconda pronuncia della Corte di giustizia Ue riguarda invece una famiglia di cittadini siriani di etnia curda, composta dai genitori e i loro quattro figli, giunti sull’isola greca di Milos il 9 ottobre 2016, dove avevano espresso l’intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale.
Tuttavia, solo pochi giorni dopo, la famiglia era stata trasferita in Turchia a seguito di un’operazione congiunta di rimpatrio condotta dalla Grecia e da Frontex. Temendo di essere rimpatriata in Siria dalle autorità turche, la famiglia era poi fuggita in Iraq.
Ritenendo che il trasferimento in Turchia costituisse un respingimento illegittimo e che, durante il trasferimento, fossero stati violati i suoi diritti fondamentali, la famiglia aveva presentato reclamo a Frontex, che lo aveva poi respinto. La famiglia curda aveva poi chiesto al Tribunale dell’Unione Europea di condannare Frontex al risarcimento del danno morale subito.
Nel 2023 il Tribunale aveva respinto il ricorso presentato dalla famiglia per mancanza di nesso causale tra il comportamento asseritamente illegittimo di Frontex e il danno subito. In fase di impugnazione la Corte di Giustizia Ue ha annullato gran parte di quella sentenza, rinviando la causa dinanzi ad esso tenendo conto degli obblighi di Frontex in materia di tutela dei diritti fondamentali delle persone soggette a operazioni congiunte di rimpatrio. In particolare i giudici del Lussemburgo rilevano come il Tribunale dell’Ue abbia sbagliato nel considerare che Frontex fornisse solo assistenza tecnica e operativa agli Stati membri, senza dover verificare l’esistenza di una decisione di rimpatrio.