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Guerra mondiale o nuovi equilibri: il destino dell’Ucraina è uno spartiacque

AP Photo/Alex Brandon

AP Photo/Alex Brandon

La pace non può essere mantenuta con la forza; può solo essere raggiunta con la comprensione.
(A. Einstein)

Nel vortice di incontri al vertice e di colloqui a distanza fra capi di Stato e di governo sembra che, finalmente, si profili una possibilità di pace per porre fine alla guerra Ucraina-Russia-Usa-Nato. Il percorso è accidentato, l’esito è tutt’altro che garantito, ma è spinto avanti da quella che sarebbe la catastrofica alternativa: il prosieguo del conflitto, che metterebbe a repentaglio la sicurezza del mondo.

Trump, per molti aspetti esecrabile, ha il merito di avere ricercato una soluzione negoziale. Certo non l’ha fatto perché sia un filantropo né un pacifista, ma per gli interessi strategici degli Usa: prende atto che la guerra è stata persa dall’Occidente e, da inguaribile affarista, cerca di stabilire un rapporto non conflittuale con la Russia, anche nella prospettiva di allontanare Mosca da Pechino (esito, quest’ultimo, che appare piuttosto illusorio). Lo alletta la possibilità di lucrare, insieme ai russi, con le terre rare del Donbass e con la ricostruzione dell’Ucraina. Nel grande confronto diplomatico spicca l’assenza delle due realtà sovranazionali: l’Onu e l’Ue. L’Europa ha perduto le idealità originarie ed è divenuta… un’ameba politica: c’è un abisso fra lo spessore di un Adenauer, uno Schuman, un De Gasperi e Ursula von DerNichts, Kaja Kallas, Merz, Macron. A prevalere, sul piano internazionale, è l’attivismo delle maggiori potenze, che si arrogano la facoltà di stabilire – loro – il perimetro del “diritto internazionale”, ovvero la supremazia dei più forti. Siamo così all’anarchia dell’arbitrio che, come un sudario, avvolge il mondo.

Può darsi (c’è da augurarselo) che la “soluzione coreana” fra Ucraina e Russia riesca a funzionare. Ma è proprio qui che si aprono le incognite. I maggiori Paesi europei – sostanzialmente Germania e Francia più… l’extracomunitaria Inghilterra – profondono sforzi per incagliare il tentativo americano-russo di ricerca della pace. Ponendo con forza, ad esempio, in modo unilaterale le garanzie di sicurezza per l’Ucraina. È senz’altro giusto che Kiev abbia tali garanzie, ma la sicurezza o è reciproca o non è. Sul suo ingresso nella Ue Mosca non ha obiezioni, ma che non entri nella Nato è stata la causa profonda della guerra: o si rimuove quella causa oppure il conflitto andrà avanti, il che sarebbe esiziale. Il “gioco” del trio europeo, a capo dei “volenterosi”, è molto pericoloso e questo spiega i pesci in faccia all’Europa da parte di Trump, ovviamente condivisi da Putin. L’Italia è in mezzo al guado: il governo Meloni si barcamena fra Washington e Bruxelles.

Allo stato delle cose le ipotesi essenziali sono: a) i Paesi europei (e l’indebolito Zelensky) annacquano a tal punto il piano di pace da provocare il rifiuto russo, così il sabotaggio avrebbe l’effetto di dilaniare ancora di più l’Ucraina; b) gli Usa, a quel punto, si defilano e lasciano il cerino in mano agli oltranzisti europei; c) Trump, invece, riesce a piegarli e il piano di pace può avere qualche possibilità di successo. Nelle prime due ipotesi, continuando la guerra, faremmo un passo ulteriore verso il rischio estremo del conflitto nucleare sullo sfondo. Ecco perché, in ogni caso, l’Ucraina porta lontano. Mentre Trump può cavarsela tranquillamente (per modo di dire), addossando a Biden la precipua responsabilità della guerra (che con lui presidente “non sarebbe mai cominciata”, come ama ripetere), gli europei si sono impelagati fino al collo, illudendosi che l’Ucraina avrebbe “vinto” il conflitto grazie alle montagne di armi e di soldi da loro elargiti, e senza mai proporre una qualche mediazione.

La pace sarebbe per loro una sconfitta bruciante, non solo perché certificherebbe che sono stati i primi ad avere perso la guerra, insieme alla Nato, ma anche perché, venendo meno il “nemico” russo, naufragherebbe il presupposto per “giustificare” lo scriteriato riarmo. Mentre l’Ue sta, per così dire, ferma (che è un modo efficace per andare indietro), il mondo si muove. La Cina ha appena costituito, nell’ambito Onu, il nuovo “Gruppo degli amici della governance globale”, composto da 43 Paesi di Asia, Africa e America latina, inclusivo e aperto a nuove adesioni. Nella riunione inaugurale il Gruppo ha chiesto “l’immediata cessazione delle ostilità in Ucraina e una soluzione politica negoziata del conflitto”, tenendo conto delle “legittime preoccupazioni di sicurezza di tutte le parti”. Sebbene i grandi media abbiano taciuto la notizia, è la riprova che l’Ucraina porta davvero lontano. Verso il dispiegamento della prepotenza nel mondo o verso un sistema multipolare dove può avanzare, seppure fra contrasti, la pacifica coesistenza fra i popoli e le nazioni. Dobbiamo spingere avanti la crescita di questa speranza.