Il contentino alla Lega di Matteo Salvini consente, tra non pochi problemi, il via libera del Consiglio dei ministri al “decreto Ucraina”, il decreto legge che proroga per tutto il 2026 la possibilità di inviare aiuti militari all’Ucraina.
Un testo rinviato per quasi un mese, doveva essere approvato a inizio dicembre, ma slittato di settimana in settimana per l’ostilità del Carroccio nel votare un provvedimento simile a quelli già approvato dal 2022 ad oggi, dopo lo scoppiare della guerra: l’obiettivo di Salvini, assente nella riunione di Palazzo Chigi, era infatti di cambiare il decreto per dare maggiore importanza agli aiuti civili e sottolineare la natura difensiva delle armi consegnate dall’Italia a Kiev.
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Il decreto approvato in CdM, con qualche modifica lessicale, va incontro alle richieste “di bandiera” del Carroccio, pur restando sostanzialmente inalterato rispetto ai decreti che lo hanno preceduto nel corso degli anni.
“Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina“, è il titolo del decreto approvato in Consiglio dei ministri. Nel testo si aggiunge che nel materiale da inviare a Kiev va data priorità a quelli “logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi”.
Poco prima Claudio Borghi, senatore del Carroccio, aveva prematuramente per la vittoria sulla cancellazione di quel “militari” dal testo del decreto: “Un lavoro eccellente. Massimo compromesso ottenibile stanti i rapporti di forza. Bravissimo Matteo Salvini e tutta la squadra”. “Questo è fare politica. Si cercano compromessi ma tutti devono sapere che non si possono superare certe linee rosse – aveva scritto ancora Borghi -. La differenza con Draghi sta tutta qui: lui le nostre linee rosse le faceva monitorare dai suoi scherani dando poi ordine di calpestarle tutte. Se cambia il titolo è perché cambia anche il contenuto… e se prioritariamente invece di armi offensive verranno inviate attrezzature sanitarie e di aiuto alla difesa della popolazione civile mi pare un discreto passo avanti”. Però poi la parola “militari” è tornata, o forse non se n’è mai andata, ma il decreto ha ottenuto in ogni caso il via libera della riunione di governo, ministri leghisti compresi.
Nella sostanza, come detto, il decreto Ucraina di quest’anno non cambia l’impegno italiano in favore di Kiev. Non è un caso se il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato che il governo continuerà a sostenere l’Ucraina “militarmente, economicamente, finanziariamente e politicamente”.
Bocciate invece altre correzioni più “spinte” richieste dalla Lega, a partire dall’ipotesi di approvare un mini-decreto valido per soli tre mesi invece che un anno come dal 2022 ad oggi. Il Carroccio d’altra parte è il partito della maggioranza più “sensibile” alle posizioni russe, in particolare col segretario Matteo Salvini: senza scomodare le parole del leader leghista quando nel 2015 (con la Russia che aveva già invaso e annesso illegalmente la Crimea ucraina) sognava “mezzo Putin al posto di Mattarella”, solamente lo scorso anno il vicepremier a proposito del voto-farsa in Russia che ha consentito l’ovvia rielezione di Vladimir Putin parlava di “un popolo che vota ha sempre ragione, prendiamo atto del voto sperando in un 2024 di pace”.
Tornando al decreto odierno, col provvedimento il governo Meloni non decide in realtà quali e quanti aiuti destinare all’Ucraina, ma semplicemente rinnova l’autorizzazione a inviarli: armi, macchinari e aiuti di vario genere da inviare a Kiev saranno stabiliti con altri decreti, i “pacchetti” di aiuti i cui contenuti sono però segreti e rivelati dal ministero della Difesa al solo Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.