Prima ancora dei contenuti, a colpire è il tono utilizzato. Brusco, aspro. Un tono di sfida. Interna e internazionale. La sfida a quella parte dell’America che non lo incensa e al mondo, in primis l’Europa, che non gli riconosce il merito, autoproclamato, di essere il pacificatore del pianeta. Benvenuti al “Donald Trump show”. Un discorso che si apre con un “Buonasera, America. Undici mesi fa, ho ereditato un disastro e lo sto risolvendo“. Un discorso tutto sull’economia, lungo 18 minuti, sullo sfondo delle decorazioni natalizie alla Casa Bianca. Dal pulpito della Diplomatic Room il tycoon difende le sue politiche economiche e punta il dito contro il suo predecessore: “Ho ereditato un disastro” dall’amministrazione Biden, ma ora “l’America è tornata”. Parlando agli americani, il capo della Casa Bianca non si è soffermato sulla politica estera, limitandosi solo a un accenno a Gaza, in osservanza al principio cardine stabilito dalla Nuova dottrina strategica: ora l’azione politica subordina ogni impegno internazionale al rafforzamento diretto dell’economia e della stabilità interna americana.
Sciorina frettolosamente, non è da lui, cifre, dati, tabelle preparategli dai suoi consiglieri, una lettura di cui il tycoon megagalattico avrebbe fatto volentieri a meno se non fosse che consapevole di vivere un momento difficile di perdita di popolarità nel Paese e crescente malumore nel suo partito e in Congresso dove si moltiplicano le ribellioni di gruppetti di parlamentari coi seggi a rischio, Trump per una volta ha rispettato alla lettera il copione: accusato di essersi distratto occupandosi troppo di affari esteri, ha dedicato il grosso del suo messaggio all’aumento del costo della vita che rischia di strangolare politicamente la sua presidenza nello stesso modo in cui è naufragata quella di Biden.
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Tra undici mesi ci saranno le elezioni di midterm e per Trump potrebbero essere guai molto seri (come dimostrano le recenti elezioni a New York e in uno storico feudo dei repubblicani, Miami, Florida, dove ad essere eletta a sindaco è stata la democratica Eileen Higgins, in una città che non aveva un primo cittadino democratico dalla fine degli anni ‘90. (1997) L’abbuffata di dati, merci, percentuali, non cancella il fatto – certificato da recenti sondaggi – che sono in molti (al di là e al di qua dell’Oceano) a mettere in discussione questi dati e la visione trionfalistica che dovrebbero supportare. Tira colpi bassi, Trump. Bassissimi. Davvero offensivo è il trattamento riservato a Joe Biden. La sua foto è sostituita dall’autopen, macchina progettata per replicare automaticamente una firma scritta a mano, utilizzata regolarmente da presidenti e funzionari per firmare grandi volumi di documenti. “Sleepy Joe è stato di gran lunga il peggior presidente americano della storia – esordisce la targa – È entrato in carica dopo le elezioni più corrotte mai viste negli Stati Uniti, ha supervisionato una serie di disastri senza precedenti che hanno portato la nostra nazione sull’orlo della distruzione. Ma nonostante tutto, il presidente Trump sarebbe stato rieletto con una vittoria schiacciante e avrebbe SALVATO L’AMERICA!”.
Ma non basta. La targa posta sotto il ritratto di Barack Obama individua come “primo presidente afroamericano, un organizzatore di comunità, senatore dell’Illinois per un mandato e una delle figure politiche più controverse della storia americana”. Gli viene attribuita “una legge sanitaria inefficace e ‘inaccessibile’” e la firma di “accordi unilaterali di Parigi sul clima”. Ed ancora e ancora, giù con le targhe taroccate e le didascalie intrise nel veleno: La targa dedicata all’ex presidente Bill Clinton ne ricorda i successi politici, ma sottolinea anche la sconfitta della segretaria di Stato Hillary Clinton contro Trump nel 2016. “Nel 2016 – si legge – la moglie del presidente Clinton, Hillary, ha perso le elezioni presidenziali contro il presidente Donald J. Trump!” Donald.J. Trump “il magnifico”. Il “pacificatore”. “Ho risolto otto guerre. Ho risolto la guerra a Gaza portando la pace in Medio Oriente per la prima volta in anni”, ha detto senza mai elencare quali sarebbero gli altri sette conflitti né nominare l’Ucraina o il Venezuela. Il suo discorso si è concentrato nell’attaccare i democratici – “è colpa loro” – e nell’elencare i suoi “successi, dal “confine più sicuro della storia” al “calo veloce dei prezzi” passando per “salari che crescono più dell’inflazione”. Tutto questo – ha sottolineato – solo in 11 mesi. “Sto sistemando le cose, avremo un boom economico mai visto prima“, ha assicurato nel tentativo di placare i malumori crescenti di fronte a un caro vita che non molla la presa e un mercato del lavoro che mostra segnali di crescente debolezza. Il tasso di disoccupazione è infatti salito in novembre al 4,6%, ai massimi dal 2021, e l’inflazione si mantiene saldamente sopra il target della Fed del 2%. Proprio sul fronte della banca centrale, Trump ha ribadito che a breve ci sarà un nuovo presidente che “crede in tassi di interesse bassi“.
“Mi batto per gli americani, e abbiamo già raggiunto grandi risultati”, ha sottolineato apparendo arrabbiato e frustrato. Trump ha quindi annunciato un ‘warrior dividend’, un dividendo del guerriero, da 1.776 dollari per i militari. “Gli assegni sono già stati spediti, arriveranno per Natale”, ha spiegato invitando gli americani ad avere pazienza perché il prossimo anno i risultati delle sue politiche saranno più evidenti, soprattutto sul fronte delle tasse. Alcuni risultati della sua azione sono però già “evidenti”: grazie ai dazi, che “sono la mia parola preferita”, sono arrivati negli Stati Uniti già “18.000 miliardi” di investimenti. Ed è solo l’inizio. “Un anno fa eravamo un paese morto. Ora – ha osservato – facciamo invidia al mondo“. “Qui l’economia comincia a funzionare – insiste il ‘piazzista della Casa Bianca’ – Sto facendo scendere i prezzi e lo sto facendo molto velocemente“, ricordando che l’inflazione non è mai stata così bassa e il numero di posti di lavoro non è mai salito così tanto. «Sotto Biden la maggior parte dei posti di lavoro sono andati ai migranti. Noi abbiamo creato posti di lavoro al 100% per cittadini nati in America», ha detto.
Ma è proprio la velocità con cui ha ripetuto il messaggio ai cittadini a non aver convinto molti analisti. I numeri dicono che l’inflazione a settembre è tornata al 3% come nel gennaio del 2025 e il numero potrebbe peggiorare. Secondo il presidente della Fed, Jerome Powell, la colpa del rialzo dell’inflazione è dovuta alle tariffe. I dazi sono stati anche condannati dalla chief of staff Susie Wiles, che in un’intervista a Vanity Fair le ha definite ‘dolorose’. Anche la disoccupazione è tornata a salire, dal 4% del gennaio 2025 al 4,6% dell’ultima lettura di novembre, cosa che diversi economisti imputano alle tariffe. Trump invece ha promesso nuovi tagli dei tassi sul costo del denaro: «A gennaio annuncerò il nome del nuovo presidente della Fed che ha come priorità il taglio dei tassi», ha detto. Non manca un accenno al costo dei tacchini. Per la festa del Ringraziamento, calato del 33% rispetto all’anno scorso. In realtà, secondo i fact checker della stampa Usa, sarebbe aumentato del 40%.
The Donald non ha risparmiato critiche ai democratici soprattutto sui confini territoriali e i flussi migratori, «il nostro Paese è stato invaso da un esercito di 25 milioni di persone, molte delle quali — ha accusato — provenivano da prigioni e carceri» o da «bande criminali», mentre i dati degli ultimi anni parlano di 12 milioni di migranti, in maggioranza rimandati indietro. Trump ha assicurato che i costi degli alloggi e la disponibilità di posti di lavoro aumenteranno grazie alle «ri-migrazioni», ai rimpatri dei migranti nei loro Paesi. Martedì la Casa Bianca ha anche pubblicato un video-messaggio diretto «ai criminali immigrati illegalmente», con la canzone Jingle Bells e le immagini delle attività degli agenti anti-immigrazione, augurando un felice Natale «su un aereo gratis che vi porta fuori dal Paese».
Quindi ha elencato quelli che ha definito i «successi» della propria amministrazione in 11 mesi di lavoro, dal «confine più sicuro della storia» al «calo veloce dei prezzi», passando per «salari che crescono più dell’inflazione». «Avremo un boom economico mai visto prima» ha assicurato, nel tentativo di placare i malumori crescenti di fronte a un carovita che non molla la presa e un mercato del lavoro che mostra segnali di crescente debolezza. Il tasso di disoccupazione è infatti salito in novembre al 4,6%, ai massimi dal 2021, e l’inflazione si mantiene saldamente sopra il target della Fed del 2%. Proprio sul fronte della Banca centrale, Trump ha ribadito come a breve ci sarà un nuovo presidente che creda «in tassi di interesse bassi». Al termine della cavalcata attraverso i suoi successi, Trump si è concesso il gran finale: “America is back, l’America è tornata ed è più forte che mai. Un Paese leale verso i suoi cittadini. Facciamo invidia a tutto il mondo. Siamo rispettati in tutto il mondo, come non lo siamo mai stati prima. Dio vi benedica”. Una benedizione che molti americani rispediscono al mittente (Trump, non Dio).