X

Autista del bus ucciso dagli ultras, segno evidente di malessere sociale diffuso

Autista del bus ucciso dagli ultras, segno evidente di malessere sociale diffuso

Per una volta, si potrebbe anche essere d’accordo con le parole della premier. Davvero è inaccettabile che una persona muoia in modo così assurdo, mentre svolge il suo lavoro, come è successo all’autista del pullman dei tifosi del Pistoia basket, raggiunto da un mattone mentre riportava a casa i tifosi pistoiesi dopo una partita vittoriosa a Rieti. Solo che, su questa inaccettabilità, ci sarebbe da intendersi. In generale, è inaccettabile, sempre e comunque, che si muoia sul lavoro. Soprattutto, sarebbe inaccettabile se questa indignazione fosse il presupposto per introdurre misure repressive ancora più aspre nei confronti degli eventi di massa, come è da costume di questo governo.

Sarebbe semmai necessario andare a indagare a fondo le cause. Non abbiamo a che fare con quattro scalmanati, teppisti, anormali che dir si voglia. Le tifoserie organizzate, da almeno quarant’anni, sono oggetto di un progetto politico, mirante a garantire l’egemonia della destra tra i tifosi, per trasformare gli stadi e i palasport in veri e propri bacini di reclutamento e di costruzione del consenso politico. Un progetto da cui l’attuale coalizione governativa, e in particolare il partito della premier, qualche beneficio lo ha sicuramente tratto. Un altro aspetto su cui bisogna aprire gli occhi, riguarda la concezione decoubertiniana dello sport, secondo la quale le manifestazioni agonistiche rappresentano un sollazzo fine a sé stesso. Si tratta di una rappresentazione falsata della realtà, elaborata e veicolata da un esponente della nobiltà, sessista e razzista, che si batté fino all’ultimo per escludere dalle Olimpiadi donne, neri e asiatici. E che, evidentemente, poteva permettersi di prendere lo sport per sollazzo. Gli eventi sportivi, come sociologi e antropologi hanno abbondantemente dimostrato, inglobano una pluralità di significati sovrapposti.

L’identità locale, l’appartenenza di classe, la fede politica, le rivendicazioni e il malessere di tipo sociale, possono essere annoverati tra i principali significati collettivi che, gli spettatori di un evento sportivo, puntualmente veicolano. Esempi ci vengono dalla tifoseria basca, che nel 1975 sfidò il regime franchista in un derby Real Sociedad -Athletic Bilbao, coi giocatori a mostrare l’ikurrina, la bandiera basca a quei tempi proibita dal regime. Da quella catalana, da sempre indipendentista e antirazzista. Oppure dal calcio inglese, quando Brian Clough, allenatore del Nottingham più forte della storia, si metteva alla testa dei suoi tifosi per protestare contro la chiusura delle miniere decisa dal governo Thatcher.

Gli eventi sportivi rappresentano l’ultimo evento di massa in cui l’aggregazione segue, ancora, un certo livello di spontaneità, non mediato da animatori ed intrattenitori a vario tipo. Lo zelo repressivo sembrerebbe andare di pari passo a due finalità: quello dell’esecutivo attuale di vietare gli assembramenti spontanei di persone, per potere controllare meglio le masse. Quello delle proprietà dei club e dei signori delle rendite fondiarie, che vogliono costruire nuovi stadi e nuove strutture sportive, in cui l’evento sportivo diventa sempre più marginale, asettico, di fronte all’incalzare di centri commerciali, musei, ristoranti, multisale da ospitare nelle nuove strutture come forme parallele di intrattenimento.

Nell’analizzare il tragico episodio di ieri, quello che ci interessa, è l’aspetto politico. Malgrado i DASPO, le tessere dei tifosi, le militarizzazioni parziali o totali delle città in occasione di eventi sportivi, gli scontri tra tifoserie avversarie, in occasione di incontri di calcio, di basket, di pallavolo, continuano ad esistere. Colpisce il fatto che si manifestino non soltanto in realtà metropolitane come Roma e Milano, ma anche in centri di provincia come Rieti e Pistoia. Segno evidente di un malessere sociale diffuso, non intercettato, elaborato, incanalato, dalle istituzioni. Non filtrato dalle organizzazioni di massa come i partiti e i sindacati, ormai ridotte ai minimi termini. E che finisce per manifestarsi in modo assurdo dopo un incontro di basket di seconda divisione, togliendo la vita ad un lavoratore. Davvero inaccettabile. Come l’idea di sport e ordine pubblico coltivate e praticate dall’attuale coalizione governativa.