L'intesa regge
Gaza, la tregua parte in ritardo: Hamas consegna i primi ostaggi ad Israele, i palestinesi tornano tra le macerie delle loro case

La tregua di sei settimane tra Hamas e Israele, che doveva scattare alle 8:30 ora locale (le 7:30 in Italia) di domenica 19 gennaio, è partita con tre ore di ritardo.
Nella Striscia di Gaza si è era rimasti sospesi con la minaccia dall’alto di nuove incursioni e bombardamenti dell’IDF: colpa, è l’accusa che arriva da Tel Aviv e dal primo ministro Benjamin Netanyahu, del gruppo radicale che controlla la Striscia.
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I problemi con la lista degli ostaggi
Hamas, l’ammissione arriva anche dagli stessi militanti islamici, alle 8:30 non aveva ancora consegnato l’elenco con i nomi dei primi ostaggi da consegnare nelle mani di Israele.
Un funzionari del gruppo aveva riferito al media israeliano Ynet che l’organizzazione stava ritardando la consegna degli ostaggi per “ragioni tecniche sul terreno”: “la comunicazione avviene fisicamente tramite messaggeri, e ci vuole tempo perché si accordino sui nomi e sulla posizione dei rapiti, quando gli aerei dell’Idf sono ancora sopra di loro”, le parole della fonte, che sottolineava poi come la lista finale verrà rilasciata solo dopo l’approvazione del leader di Hamas, Mohammed Sinwar.
Secondo gli accordi nella prima fase del cessate il fuoco Israele avrebbe dovuto rilasciare 737 prigionieri palestinesi in cambio dei primi 33 ostaggi: tra questi sarebbero 25 quelli ancora vivi.
L’offensiva su Gaza
Non sorprende dunque che l’IDF israeliano questa mattina abbia ricominciato la sua offensiva sulla Striscia: l’esercito ha bombardato con artiglieria e droni diversi obiettivi riconducibili ad Hamas nel nord e nel centro dell’enclave palestinese.
L’esercito israeliano (Idf) “continua a operare e a colpire obiettivi terroristici nella Striscia di Gaza. Poco fa, l’artiglieria e gli aerei dell’Idf hanno colpito una serie di obiettivi terroristici nel nord e nel centro di Gaza”: l’annuncio dell’Idf su Telegram. L’esercito “rimane pronto alla difesa e all’offesa e non permetterà che venga arrecato alcun danno ai cittadini di Israele”. Le autorità di Gaza hanno fatto sapere che negli attacchi di stamane sono morti almeno 13 palestinesi.
Gli ostaggi da liberare
Stallo che si sblocca dopo le 9 del mattino, quando da Hamas fanno sapere di aver inviato ai mediatori israeliani l’elenco richiesto degli ostaggi che saranno rilasciati oggi.
Si tratta di Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher: Gonen è una 24enne rapita al Festival Nova il 7 ottobre, Damari ha 28 anni e il doppio passaporto israeliano e britannico, mentre Steinbrecher è una infermiera veterinaria di 31 anni.
La conferma ufficiale è poi arrivata dall’ufficio del primo ministro israeliano Netanyahu, che ha comunicato come il cessate il fuoco della prima fase a Gaza è entrato in vigore alle 11:15 locali, le 10:15 italiane.
La situazione a Gaza
“Su Gaza è scesa la quiete, i bombardamenti si sono fermati”. Queste le testimonianze dei residenti nella Striscia dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Striscia dove migliaia di sfollati stanno tornando in quel che resta delle loro case, in larga parte rase al suolo dai bombardamenti israeliani in questi 15 mesi.
Tutti a Gaza “sono felici ma con un po’ di inquietudine per quello che sarà”, afferma il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, parlando della nuova situazione della Striscia. “Le persone vogliono tornare a casa ma non sanno se ancora in piedi, se c’è un solo muro, se è sicura. Gaza è triturata”, spiega il parroco.
Nell’enclave, grazie all’accordo mediato da Usa, Qatar ed Egitto, da oggi è previsto il ritorno degli aiuti umanitari: l’Unrwa, l’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi, ha reso noto che 4mila camion sono pronti a entrare a Gaza, la metà trasporta cibo e farina.
Sono invece 90, come riferisce Al Jazeera, i prigionieri palestinesi che saranno rilasciati oggi come parte del primo scambio con gli ostaggi a Gaza: l’elenco comprende 69 donne e 21 minori, 76 prigionieri provenienti dalla Cisgiordania e 14 da Gerusalemme Est. Tra i nomi c’è anche quello di Khalida Jarrar, parlamentare palestinese membro di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.